ROMA – Salgono i prezzi, scendono i consumi di vino nella Grande distribuzione italiana. Le elaborazioni dell’Osservatorio Uiv-ismea su base NielsenIQ relative al primo trimestre di quest’anno registrano i livelli più bassi di vendite allo scaffale anche rispetto al pre-Covid (2019), con i volumi di vino acquistati in calo tendenziale del 6,1% e con i valori, spinti dall’effetto inflattivo dei prezzi, a +2% (673 milioni di euro).
Una partenza ad handicap, che si riflette in particolare nei volumi commercializzati di vino fermo (-7,3%) e ancora di più per i prodotti Dop, a -9,2% e con i rossi a -10,5%, a riprova del fatto che il rialzo dei valori non è legato a una domanda maggiormente orientata verso il segmento premium (i vini comuni perdono la metà rispetto alla media) ma a un surplus di costi produttivi che ha generato un rincaro medio dei prezzi allo scaffale del +8,7%. In controtendenza la tipologia spumanti, che cresce in volume del 3,9% (+9,8% i valori), ma l’incremento è interamente generato dall’exploit degli spumanti low cost (+15,6%), segmento che presenta un prezzo medio allo scaffale di appena 4,47 euro/litro e che oggi vale quasi il 40% dei volumi venduti in Gdo tra le bollicine italiane. Giù il Prosecco (-2,8% volume) e lo Champagne (-5,8%), mentre salgono l’Asti Spumante (+11,8%) e i Metodo classico (+4% volume), da confrontare però con il -35% registrato nell’omologo periodo del 2022.
“Come previsto – ha detto il segretario generale di Unione italiana vini, Paolo Castelletti – non sarà un anno facile per il vino italiano, che anche nelle esportazioni registra a gennaio un calo del 4,3% su pari periodo del 2022, con variazioni fortemente negative nella domanda extra-Ue. Il limitato potere di acquisto in Italia e nel mondo, assieme a un surplus dei costi delle materie prime secche, impongono la massima attenzione e concertazione da parte di una filiera le cui imprese stanno assorbendo direttamente parte dei rincari alla produzione. Ma evidentemente non basta”.
In generale, la dinamica più sfavorevole coinvolge – oltre i vini fermi a denominazione – anche gli Igp (volumi a -8,4%), mentre i vini comuni si fermano a -4,6%. Più pesanti le perdite per i vini rossi, che cedono l’8,2% volumico contro il -5,6% dei bianchi e il -11,2% dei rosati. Sopra la media la contrazione dei vini bio (-8,6%). A livello di canali, i più in sofferenza sui volumi risultano i discount (-10%), a fronte di iper e super che chiudono il trimestre rispettivamente a -4% e -5%. Profondo rosso per l’e-commerce: nonostante il sostanzioso taglio dei prezzi, le vendite online segnano a marzo -19,6%.
Andando nel dettaglio dei vini IG più venduti in Gdo, troviamo picchi negativi del -9% per il Chianti, -14% per il Montepulciano d’Abruzzo, -20% per la tipologia Salento, -18% per il Nero d’Avola Sicilia, -20% per la Bonarda oltrepadana, -13% per la Barbera piemontese e -9% per il Lambrusco Emilia e il Cannonau di Sardegna. Stabili – tra i top seller – le Igt Terre siciliane e Puglia, in leggera contrazione Valpolicella e Dolcetto piemontese (-5%), mentre l’unico tra i big che si conferma in buona salute, anzi in costante crescita è il Vermentino di Sardegna, con +1% in volume. Molte le denominazioni che registrano aumenti di listino sopra la media nazionale: Montepulciano +13%, Barbera piemontese +11%, Nero d’Avola a +13%, Bonarda a +12%, Verdicchio a +20%.