ROMA – Controlli serrati sull’etichettatura e più contratti di filiera tra agricoltori e industria. Questo serve, con urgenza, per salvare il grano e la pasta Made in Italy dall’attuale svalutazione del cereale in campo. A ribadirlo, il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, intervenendo alla riunione della Commissione di allerta rapida convocata, oggi al Mimit, dal capo Benedetto Mineo.
Ѐ l’ennesimo appello, quello di Cia, che sulla questione ha già acceso la mobilitazione nazionale e lanciato la petizione con raccolta firme su change.org (https://chng.it/zVC8sWyT75). Un’azione necessaria secondo l’Organizzazione, per far fronte alle principali cause della crisi che sta investendo le aziende del comparto, tra crollo vertiginoso del valore riconosciuto al grano duro italiano, passato in pochi mesi da 550 a 350 euro a tonnellata, e insostenibili costi di produzione, circa 1.400 euro per ettaro, quando si vende a 1.100 euro per ettaro (-300 euro). Il prezzo del grano è sceso del 40% nelle ultime settimane, mentre quello della pasta sullo scaffale è aumentato in media del 30%.
“Senza interventi immediati -ha spiegato il presidente di Cia, Fini- gli agricoltori italiani saranno costretti ad abbandonare la produzione per scarsa redditività. Chiediamo al Governo di attivare tutte le azioni possibili per il monitoraggio, la trasparenza e la tutela della qualità e delle quantità di grano nazionale utilizzato per la pasta e il pane. Ancora prima -ha aggiunto- sollecitiamo quell’equa redistribuzione del valore lungo la filiera, necessaria a riconoscere il giusto prezzo ai produttori, a tutelare la qualità delle materie prime, come di una pasta 100% Made in Italy, e a salvaguardare la tenuta del comparto agricolo nazionale”.
Il grano duro è, di gran lunga, la prima coltura tricolore -ricorda Cia-. L’Italia è in cima alla classifica europea per produzione e un podio sotto a livello mondiale. Eppure, nonostante la sua vocazione, resta anche il secondo Paese importatore al mondo, dove i grani esteri, a differenza di quelli italiani, seguono standard qualitativi, di salubrità e costi di produzione molto più bassi, fino a determinare, cosa ancora peggiore, il prezzo del cereale simbolo del Made in Italy. Per questo, occorre un sistema a contrasto e sanzione delle speculazioni commerciali, azioni mirate e strutturate per frenare le importazioni incontrollate dall’estero e il falso grano straniero spacciato per italiano, interventi a garanzia non solo di un prodotto simbolo di italianità, ma anche -sottolinea Cia- della sicurezza alimentare.