VERZUOLO (CN) – Compie un anno il progetto “Un suolo più sano e una produzione più virtuosa con l’Agricoltura Simbiotica nel comparto frutticolo”, prima esperienza di ricerca da parte di una OP sull’Agricoltura Simbiotica, realizzata dall’OP JOINFRUIT di Verzuolo (CN) in collaborazione con il gruppo di ricerca in interazioni piante-microrganismi presso il Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino.
La fonte di ispirazione del progetto di ricerca, che fa parte del piano operativo 2021-2023 dell’OP Joinfruit, è stata l’attività della Società Consortile Ecosì: grazie alla volontà di Sergio Capaldo, fondatore de La Granda (leader nella valorizzazione della Razza Piemontese, Presidio Slow Food) e da sempre Responsabile Zootecnico Nazionale per Slow Food e Responsabile qualità carni del gruppo Eataly, Ecosì ha creato una Certificazione di Processo delle produzioni agroalimentari di qualità, con l’obiettivo di ripristinare, mantenere e migliorare la biodiversità e funzionalità microbica dei suoli.
Dopo 12 mesi di implementazione in campo delle pratiche colturali di Agricoltura Simbiotica, Joinfruit condivide la prima “carta d’identità microbica del suolo”, una vera e propria mappatura della composizione in specie microbiche presenti nel terreno (figura 1). L’analisi, relativa in particolare a un neo-impianto di pesco (varietà Najirene), ha permesso di identificare una media di 1590 specie tra fungine e batteriche, che rivelano un buon livello generale di biodiversità nel suolo del frutteto.
“Si tratta di un primo passo molto soddisfacente verso il nostro obiettivo – commenta Bruno Sacchi, direttore di Joinfruit – ovvero quello di diventare la prima OP che testimoni il carattere di migliore sostenibilità ambientale di questo sistema produttivo per gli alberi da frutta. Alcune differenze attribuibili alla fertilizzazione naturale (ottenuta attraverso l’inoculo di formulati microbici del suolo) risultano già visibili dopo questo primo anno di indagine, sia in termini di riduzione dell’uso di fertilizzanti chimici sia di miglioramento della produzione. Realizzare una mappatura della fertilità e della biodiversità del terreno è un modo per avvicinarci all’agricoltura del domani: un suolo sano vuol dire protezione dalle malattie, rispetto dell’ambiente e frutta più buona”.
L’analisi della diversità delle specie batteriche e fungine che vivono a stretto contatto delle radici delle piante (la cosiddetta “rizosfera”) è stata condotta dal Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino.
“Per testimoniare il carattere di migliore sostenibilità ambientale dell’Agricoltura Simbiotica – spiega la prof.ssa Alessandra Salvioli di Fossalunga – durante questo primo anno è stato implementato l’utilizzo di inoculi microbici negli appezzamenti previsti dal progetto, ed è stato monitorato lo stato delle piante tra le tesi trattate e di controllo. Sono stati inoltre effettuati prelievi di radici e suolo rizosferico con la finalità di analizzare la diversità delle specie batteriche e fungine che vivono nella rizosfera, in presenza e in assenza di inoculi commerciali, mediante un approccio di sequenziamento su larga scala ad alta profondità del DNA estratto. In particolare, su un neo-impianto di pesco Najirene sono state condotte analisi di biodiversità su piante di controllo e piante inoculate con un prodotto contenente un mix di batteri e funghi della rizosfera, secondo i dettami dell’agricoltura simbiotica: l’’analisi ha evidenziato come la rizosfera delle piante trattate risulti più ricca in specie microbiche con attività di biocontrollo, mentre le specie potenzialmente patogene risultano meno abbondanti”.
È la prima volta che un progetto di ricerca sull’Agricoltura Simbiotica viene applicato con azione organizzata e strategica sulle aziende socie da un’organizzazione di produttori: lanciato lo scorso anno in occasione della Giornata Mondiale della Terra avrà durata biennale, estendibile per ulteriori due anni.