ROMA – Non solo danni economici ancora incalcolabili e perdita di vite umane, l’alluvione ha sconvolto la natura con la decimazione delle api dal cui volo dipende l’impollinazione delle piante e ha fatto strage dei lombrichi indispensabili per la fertilità dei terreni, mentre nelle acque sono in sofferenza pesci e vongole.
E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti ad un mese del nubifragio che ha colpito anche gli ecosistemi nei cieli, nella terra e nelle acque della Romagna.
Il permanere per così lungo tempo dell’acqua nel terreno ha creato condizioni molto critiche per la vita nei circa trecentomila ettari di terreni alluvionati dove – sottolinea la Coldiretti – insetti, funghi, batteri e lombrichi svolgono una attività essenziale per l’umificazione e quindi per la fertilità necessaria alle coltivazioni. Con la morte dei lombrichi – precisa la Coldiretti – viene meno il lavoro instancabile da loro svolto nel suolo dove scavano gallerie, incorporano il materiale vegetale morto nel terreno, producono il pregiato humus e provvedono a una struttura ottimale del terreno.
Se sottoterra la situazione è difficile, nei cieli è venuto a mancare il prezioso lavoro di impollinazione delle api con la perdita di un numero elevato di famiglie che erano presenti nei 45mila alveari censiti in Romagna. Tre colture alimentari su quattro – spiega la Coldiretti – dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra cui le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni.
E’ allarme anche per le acque dove – riferisce la Coldiretti – sono in sofferenza le vongole per effetto della drastica riduzione del livello di salinità a causa del forte aumento della portata d’acqua dolce del Po. Con il cambiamento dell’equilibrio ambientale, infatti le vongole escono dalla terra per cercare ossigeno e si espongono così anche agli attacchi del granchio blu, predatore implacabile dei molluschi.
Il disastro dell’alluvione ha colpito anche gli ecosistemi delle aree interne della Romagna con le frane che – sottolinea la Coldiretti – hanno devastato ulivi sono un vero e proprio patrimonio di biodiversità nazionale. Colpiti gli uliveti dell’olio di Brisighella, primo extravergine italiano ad ottenere nel 1975 il marchio Dop e una delle più piccole produzioni riconosciute. Nelle aree collinari sono – precisa la Coldiretti – stati devastati anche i boschi di castagno con terreni franati che hanno fatto perdere un prezioso rifugio e cibo ad animali, uccelli e insetti.
Colpita anche – continua la Coldiretti – l’azione di recupero della biodiversità delle razze in via di estinzione come il bovino romagnolo e il suino di Mora Romagnola, che sono parte fondamentale del paesaggio e dell’equilibrio ecoambientale dei territori investiti da frane e alluvione.
Ma l’esondazione ha sommerso – continua Coldiretti – soprattutto i frutteti “soffocando” le radici degli alberi fino a farle marcire con la necessità di espiantare e poi reimpiantare quasi 15 milioni di piante tra pesche, nettarine, kiwi, albicocche, pere, susine, mele, kaki e ciliegi. E tra queste le pesche e le nettarine di Romagna Igp le cui origini risalgono al XIX secolo, ma anche le albicocche Reale e Val Santerno di Imola, due varietà autoctone di grande qualità che già dal 1900 rappresentano una delle principali fonti di reddito per le aziende agricole del territorio e hanno senz’altro contribuito ad arginare l’esodo rurale. Minacciata – conclude la Coldiretti – anche la Ciliegia di Cesena, una varietà anch’essa dalle origini antiche e molto amata per il gusto e la consistenza della polpa, così come la fragola di Romagna, i cui campi sono da decenni parte integrante del paesaggio rurale dell’entroterra ed ora sotto finiti sott’acqua.