CITTA’ DI CASTELLO (PG) – Il primo impianto in Europa, e probabilmente al mondo, per la produzione di biometanolo da biogas è in Umbria. La tecnologia BIoGaS to liQUID (BIGSQUID), ma anche da biomasse legnose, è stata ideata dal Politecnico di Milano con il quale dal 2018 la Fattoria Autonoma Tabacchi S.C. di Città di Castello ha stretto una collaborazione tecnico-scientifica nell’ambito dell’ingegneria di processo e dell’economia circolare.
“Una sfida vinta, anche con l’Umbria protagonista e grazie ad una azienda come la FAT sempre pronta all’innovazione”, afferma il direttore di Confagricoltura Umbria Cristiano Casagrande. “Il ruolo del settore primario in questo processo è essenziale” afferma il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, che nell’esprimere “apprezzamento per questa innovativa modalità di produzione di energie che si colloca nel solco dell’economia circolare e della sostenibilità” ringrazia Fattoria Autonoma Tabacchi SC e il suo presidente Fabio Rossi che con lungimiranza e coraggio nel 2018 ha iniziato un percorso estremamente innovativo accettando l’idea e la scommessa del Politecnico di Milano che ha ideato la tecnologia per produrre biometanolo da biogas. “Sembrava un sogno – dice – oggi è realtà. In questa vostra iniziativa c’è tutto lo spirito di Confagricoltura: ricerca, innovazione, progetto, azione”.
Il biogas è il prodotto della digestione anaerobica di biomasse. È composto da metano ed anidride carbonica e viene tradizionalmente bruciato per generare potenza green. Con i suoi quasi 2000 impianti operativi, l’Italia rappresenta uno dei principali paesi al mondo per produzione di biogas.
Il biogas viene concepito e brevettato in Italia nella seconda metà degli anni ’60 dello scorso secolo. Circa 25 anni più tardi, più o meno in corrispondenza delle scadenze dei brevetti, diviene di pubblico dominio ed utilizzo e la Germania ne caldeggia l’impiego a fronte di una cospicua incentivazione sul prodotto. È l’inizio di una rapida espansione, dapprima in Germania e, a seguire, nei paesi europei ed extra europei, non solo in ambito agricolo, ma anche nel trattamento rifiuti, fanghi ed altre applicazioni.
La stragrande maggioranza degli impianti a biogas in Italia stanno usufruendo di una tariffa incentivante sulla energia prodotta che dura di solito 15 anni e quando l’incentivo termina gli agricoltori hanno essenzialmente due alternative: trasformare l’impianto da produzione di biogas a produzione di biometano o spegnere e smantellare sin da subito.
Molti agricoltori, senza biogas, sarebbero inevitabilmente costretti a ridimensionare anche le attività agricolo-produttive.
Rimane quindi la prima opzione, ovvero la conversione dell’impianto, da una produzione di biogas e, quindi, bruciandolo, di energia elettrica green, ad una produzione di biometano e sua immissione nella rete nazionale. In anni dove il gas metano è fortemente sanzionato, la produzione di biometano sembra fornire una duplice soluzione: decarbonizzare l’attuale consumo di metano fossile e sostituire il gas naturale che attualmente importiamo dall’estero.
In questa soluzione ci sono due evidenti limiti. Il primo limite riguarda la stessa incentivazione. Passare da una produzione di energia elettrica bruciando il biogas ad una produzione di biometano da comprimere ed immettere in rete, il guadagno netto per ogni singolo impianto diminuisce drasticamente ed allora l’incentivo deve inesorabilmente crescere per colmare il divario economico e per garantire un ritorno al comparto produttivo.
Il secondo limite, invece, è infrastrutturale. Per quanto capillare e distribuita possa essere la rete di Snam, essa non lambisce i dintorni di tutti gli impianti di biogas, anzi, una buona percentuale di essi è attualmente installata ad alcuni chilometri di distanza. Non è concettualmente né tantomeno utile operare ampliamenti della rete per connettere impianti lontani da essa.
Dal momento che il biometano non è (facilmente) liquefacibile e quindi nemmeno trasportabile, ne risulta che molti impianti non hanno alcun interesse ad avvalersi della conversione da biogas a biometano e devono, gioco forza e loro malgrado, dismettere le attività produttive.
C’è però un’altra opzione, quella che arriva dalla collaborazione tra Fattoria Autonoma Tabacchi e Politecnico di Milano per produrre metanolo da biogas o, meglio, biometanolo poiché l’origine del carbonio è biogenica quando si parte da biogas.
Il metanolo è il più semplice fra gli alcoli ed è considerato uno dei composti chiave in questi decenni di transizione per le sue qualità di carrier per l’idrogeno, ma è anche un carburante avanzato ed altoottanico che genera ridotto particolato ed NOx ed è, altresì, il composto chimico di base per un notevole numero di applicazioni e prodotti come i pannelli truciolari, i polimeri, gli acetati ecc.
L’Italia è tra i primi utilizzatori mondiali di metanolo e non ha alcun impianto produttivo sul proprio territorio, ergo, dipende per oltre 1 milione di tonnellate anno da importazioni provenienti da paesi che raramente rispettano i dettami ambientali europei. Il metanolo importato è, peraltro, totalmente fossile, prodotto da gas naturale o addirittura da carbone.
Ma come produrlo in Italia? L’idea è proprio quella di offrire una nuova alternativa a quegli impianti di biogas che sarebbero altrimenti inesorabilmente spenti. Sono circa un migliaio. La tecnologia per produrre biometanolo da biogas si chiama BIoGaS to liQUID (BIGSQUID) ed è stata ideata dal Politecnico di Milano ed in particolare dal Centre for Sustainable Process Engineering Research (SuPER) diretto da Flavio Manenti, ordinario di Impianti Chimici del Dipartimento “Giulio Natta”, e brevettata dal Technology Transfer Office (TTO) diretto da Ivan Ciceri del Politecnico di Milano. La tecnologia BIGSQUID è stata così proposta per ingegnerizzazione ed industrializzazione a Fattoria Autonoma Tabacchi S.C., presieduta da Fabio Rossi, che ha commissionato la progettazione e il controllo del processo a SMEA Engeenering srl (ing. Ceccaroni).
La Fattoria Autonoma Tabacchi, tramite altre aziende del gruppo, è presente nel territorio umbro da oltre un secolo e si occupa della produzione di tabacco, cereali, oleaginose, ortaggi, nocciole, energia elettrica tramite due impianti a biogas e diversi impianti fotovoltaici.
Pandemia, conflitti e conseguenti lockdown, impennate di prezzi delle materie prime e delle unità di processo hanno messo a dura prova le attività di sviluppo e di industrializzazione, ma alla fine il risultato è arrivato.
L’impianto BIGSQUID per produrre biometanolo da biogas è quini installato presso la Località Giove di Città di Castello nell’impianto biogas di Fattoria Autonoma Tabacchi, con soddisfazione ed orgoglio per il prof. Manenti e del CdA della FAT e grazie allo sforzo di un team di 15 persone. Un impianto BIGSQUID da 1 MWh equivalente ha una previsione di produzione di 4500 ton / anno di biometanolo a specifica di mercato con un valore del metanolo fossile che oscilla tra 450 e 550 €/ton. In sostanza, con il biometanolo ceduto al prezzo del metanolo fossile, ogni impianto di biogas sarebbe in attivo economico per la prima volta dalla sua invenzione senza particolari incentivazioni. Inoltre, il biometanolo ha un valore indubbiamente superiore al corrispettivo fossile per le sue accortezze ambientali, ma tale surplus non è ancora definito non essendoci alcuna produzione mondiale di grossa scala già avviata.
In Italia si possono contare circa 2000 impianti di produzione biogas, che collocano il paese al secondo posto in Europa ed al quarto a livello mondiale. Le tecnologie presenti interessano impianti di taglia variabile, ma prevalentemente da 1MWh. Qualora un terzo degli impianti esistenti non potessero connettersi alla rete Snam per iniettare biometano, in Italia si potrebbero produrre fino a 3 milioni di ton per anno di biometanolo a specifica, decarbonizzando totalmente uno dei principali settori industriali e con un surplus di 2 milioni di ton per anno prodotte, che potrebbero essere esportate o, meglio ancora, potrebbero sostituire quella percentuale di metanolo fossile che già viene impiegata come additivo nelle benzine, con ulteriore significativo beneficio ambientale. In Europa, l’utilizzo di metanolo diverso dai fuel si attesta a 10 milioni di ton per anno.
Un eccesso produttivo di biometanolo non impatta la domanda complessiva mondiale, che si attesta attorno a diverse decine di milioni di ton per anno, ma c’è un altro aspetto significativo. Il metanolo ha notevoli impieghi e derivati. Un derivato del metanolo di rilevanza strategica è il dimetiletere o DME. È attualmente un additivo dei diesel, ma sempre più di frequente ne è considerato il suo sostitutivo, peraltro, in tempi piuttosto brevi dal momento che case automobilistiche di primo piano ne hanno lanciato intere linee per autotrazione. Le stesse trattrici agricole, con modifiche lievi, possono adottare il DME come unico fuel.
In quest’ottica, si aprirebbe un ulteriore utilizzo per diversi milioni di ton per anno soltanto in Italia per sostituzione complessiva dei carburanti fossili e totale bando di PM10, PM2.5 e NOx dai motori a combustione interna, in attesa che la transizione compia il suo percorso e che, l’idrogeno e l’elettrico trovino finalmente il loro meritato impiego in sicurezza e nel rispetto del pianeta.