ROMA – Fare sistema, insieme a tutti gli attori del settore agricolo, partendo dal contratto nazionale di lavoro e rivedendo gli strumenti attuali, per dare una risposta concreta ed efficace alle esigenze delle imprese e degli addetti. E’ questa la proposta scaturita oggi dal convegno sul lavoro organizzato da Confagricoltura, principale organizzazione datoriale agricola, a Palazzo della Valle a Roma.
Al tavolo, oltre al presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, anche i segretari generali della FAI CISL Onofrio Rota, della UILA UIL, Stefano Mantegazza e il segretario generale della CGIL Maurizio Landini, il direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro Paolo Pennesi, il consigliere agricolo dell’Ambasciata australiana Emma Hatcher, il giornalista Alessandro Plateroti, oltre a Ersilia di Tullio di Nomisma e il direttore dell’Area Lavoro di Confagricoltura, Roberto Caponi. E’ intervenuto con un contributo il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone.
“Oggi abbiamo un racconto dell’agricoltura che non fotografa la realtà; – ha detto Giansanti – il dibattito sui cambiamenti del contratto di lavoro è quindi necessario tenendo presente quali sono le difficoltà e le richieste effettive di imprese e lavoratori”.
Intervenire sui trattamenti economici per renderli più attrattivi e competitivi nell’ambito del CNL, mantenere il taglio del cuneo fiscale per i dipendenti, detassare gli aumenti retributivi contrattuali, ma anche avvicinare i giovani al mondo agricolo riconoscendo crediti e incentivi, rivedere insieme il decreto flussi che così come è strutturato non funziona. Per quanto riguarda le esternalizzazioni, per Confagricoltura è essenziale poter contare su un quadro normativo chiaro e stabile, che consenta alle imprese agricole di operare correttamente senza correre il rischio di interpretazioni opinabili che possono comportare gravi conseguenze sotto il profilo sanzionatorio.
Queste alcune delle proposte avanzate da Confagricoltura per contrastare la mancanza di manodopera, grave problema delle campagne italiane. “L’emergenza è tale – ha rimarcato Giansanti – che alle richieste di ridurre il costo del lavoro e di semplificare gli adempimenti si è sommata, prendendo il sopravvento, l’esigenza di manodopera disponibile e qualificata. Semine, raccolte e lavorazioni seguono cicli naturali e non si possono rimandare”.
Oltre un milione di dipendenti e 117 milioni di giornate lavorate. Questo il quadro del settore agricolo italiano fotografato da Nomisma. Quasi un terzo dei lavoratori è straniero, sebbene cambi la geografia di provenienza: aumentano gli extracomunitari, in particolare indiani, albanesi e marocchini. Ma gli intoppi burocratici frenano il loro inserimento nelle aziende, che diventano così meno attrattive rispetto a quelle estere. L’esperienza illustrata per l’Australia è una delle più palesi conferme sul fronte del coinvolgimento dei giovani.
Lo stesso ministro Calderone ha evidenziato la necessità di rivedere gli strumenti utili allo sviluppo del settore primario, coinvolgendo proprio le nuove generazioni.
Nella tavola rotonda conclusiva moderata dal giornalista del Corriere della Sera Federico Fubini, il segretario generale della CGIL Landini ha sottolineato l’urgenza di gestire i cambiamenti in atto stabilendo insieme priorità per arrivare a scelte lungimiranti e di qualità per tutti.
Da Plateroti un invito a cambiare la visione dell’agricoltura partendo dalle scuole, costruendo una cultura del settore primario e facendolo diventare realmente attrattivo.