ROMA – Per la prima volta, il CREA, ha calcolato gli effetti della pressione antropica sulla trasmissione e diffusione del patogeno Xylella fastidiosa (Xf), la piaga che dal 2013 – anno del suo rinvenimento in Puglia – si è propagata in 54.000 ettari di oliveti pugliesi, provocando la “olive quick decline syndrome” (OQDS) e la morte di milioni di alberi.
Lo studio, realizzato nell’ambito dei progetti “PNRR Agritech” e “DIACOX” (che vedono la partecipazione dei centri CREA Agricoltura e Ambiente, Difesa e Certificazione, Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicultura e Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari) è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Science of The Total Environment” (impact factor 9,8) e affronta questo aspetto finora poco esplorato dalla letteratura scientifica dedicata. Gli autori, Sofia Bajocco, Elisabetta Raparelli e Simone Bregaglio del CREA Agricoltura e Ambiente hanno identificato e analizzato i pattern spazio-temporali dell’epidemia di OQDS in Puglia dal 2015 al 2021, mettendoli in relazione con le diverse classi di uso del suolo, utilizzate come indicatori dell’intensità delle attività umane.
I RISULTATI
La componente antropogenica del paesaggio (cioè, l’uso che ne fa l’uomo e l’intensità con cui lo usa) ha contribuito in modo significativo all’epidemia di Xf: è emerso infatti che il sistema stradale ha rappresentato il principale motore di dispersione mentre, al contrario, le aree naturali/seminaturali ne hanno ostacolato la propagazione.
La Xf, che sta avanzando rapidamente nella regione pugliese verso l’Italia centrale, si presenta localmente più raggruppata, ma più dispersa sul territorio, condizione che ne ostacola il contenimento. Si è osservato anche che la probabilità di infezione in un determinato sito dipende in gran parte dalla tipologia di uso del suolo che ne caratterizza il contesto circostante: la struttura del paesaggio (campagna aperta o città), la distribuzione degli alberi ospiti e maggiori dettagli sui flussi di auto, camion o treni rappresentano elementi chiave per la previsione della diffusione di Xf.
LE AZIONI CONDOTTE
Partendo dai documenti disponibili sul sito della regione Puglia, sono state digitalizzate le coordinate delle piante risultate infette dal 2015 al 2021 (database disponibile al link https://doi.org/10.6084/m9.figshare.22220872.v2 ). Su tale dataset, sono state condotte analisi per studiarne il grado di raggruppamento e la dinamica spaziale degli hotspot di infezione negli anni.
Attraverso tecniche di species distribution modelling, è stato sviluppato un modello di nicchia ecologica – ossia, una modellazione predittiva della distribuzione dell’habitat con conseguente mappatura dell’areale di specie o di fenomeni ambientali – relativo, in questo caso, alla presenza di olivi infetti. Ciò al fine di capire come i diversi usi del suolo, indicatori dei diversi livelli di pressione antropica nel territorio pugliese, abbiano influenzato la distribuzione degli olivi infetti da Xf nel periodo 2015-2021, permettendo di identificare le zone più predisposte alla propagazione della OQDS, realizzando una “habitat suitability map“, vale a dire, una mappa delle zone in cui la pianta trova le condizioni ideali di crescita.
LE RICADUTE
La tempestiva e puntuale previsione dell’areale di propagazione del patogeno permette di salvaguardare le colture e di affrontare la malattia in modo più efficace, concentrando il monitoraggio e le misure di contrasto nelle zone individuate. In tal modo, si riduce la necessità di interventi a tappeto su vaste estensioni di territorio, limitando l’abbattimento indiscriminato di piante, la perdita di biodiversità vegetale e l’uso dei pesticidi, preservando gli habitat naturali.
“In questo contesto, oltre alla trasmissione della malattia, alla genetica, al monitoraggio e ai metodi di controllo, la nostra strategia di modellazione – affermano i 3 autori dello studio, ricercatori del CREA Agricoltura e Ambiente – ha evidenziato l’importanza di considerare la pressione antropica nella ricerca attuale sui focolai di Xf.
Ma si tratta di un approccio trasferibile ad altri casi studio, anche per progettare strategie di sorveglianza nelle aree a rischio ancora prive di malattie (ad esempio, sulle principali strade dove il trasporto veicolare è più elevato) e per formulare ipotesi sullo scenario di diffusione dell’infezione attraverso movimenti legati agli spostamenti antropici, come la circolazione di macchinari e l’elevato livello di attività umane che comporta il turismo”.