PIACENZA – Siamo nel cuore della campagna del pomodoro da industria e Piacenza, con i suoi 10 mila ettari a pomodoro è la seconda provincia italiana per superfici destinate alla coltura.
Circa la metà sono condotti dai soci di Confagricoltura Piacenza. “È una campagna determinante per l’economia piacentina e non solo – commenta Marco Casagrande, direttore di Confagricoltura Piacenza – la tensione in campo è tanta perché la coltura è ad alto valore aggiunto, ma richiede al contempo altissimi investimenti, negli ultimi anni ulteriormente gravati dagli incrementi del costo del gasolio, dei fertilizzanti e delle assicurazioni”.
L’agricoltura di precisione è una realtà diffusa sul nostro territorio e i coltivatori di pomodoro ne fanno ampio utilizzo: fertilizzazione a rateo variabile, mappe di coltivazione e interventi con agrofarmaci in modo mirato sono strumenti sia per far quadrare i bilanci sia per garantire il prodotto eccellente che ci contraddistingue.
“Questo – spiega Casagrande – fa sì che occorrano capitali, investimenti e competenze che connotano il nostro tipo di coltivazione. Con simili premesse, gli accordi quadro servono ad avere una cornice di massima, ma è poi nei campi che si determina il tutto. La stagione è partita in salita perché vento e grandine hanno già fatto molti danni a luglio e gli eventi estremi si verificano con una certa frequenza negli ultimi anni, purtroppo. C’è chi ha avuto campi pronti per essere raccolti completamente distrutti e ciò apre incertezze circa la possibilità di garantire le forniture. I nostri imprenditori sono bravissimi a gestire le problematiche, ma di fronte alle calamità nessuno ha rimedi efficaci”.
Tant’è che persino le assicurazioni in seguito al ripetersi di questi eventi sono in difficoltà. “Le franchigie sono sempre più alte e i rimborsi per i danni subiti progressivamente minori – spiega Casagrande – e alcune compagnie assicurative iniziano ad abbandonare il settore in quanto non sostenibile economicamente. Persino i contributi concessi per la sottoscrizione delle assicurazioni sono in diminuzione e soprattutto arrivano con difficoltà, ad oggi mancano una buona parte dei contributi 2022. È un ulteriore grave problema – sottolinea Casagrande – perché gli agricoltori condividono con la parte industriale l’erosione dei margini dovuta all’incremento dei costi di produzione, ma nel momento in cui il prodotto distrutto in campo non viene nemmeno indennizzato dalle assicurazioni, i costi sostenuti per produrlo sono irrecuperabili e tutti a carico della parte agricola, che si conferma essere l’anello più debole perché non ha alcuno strumento per ribaltare sui fornitori il mancato introito né può ridurre i costi rinunciando ad una parte della produzione, perché è già avvenuta”.