ROMA – L’olio extravergine d’oliva non può e non deve subire la concorrenza sleale di oli di fantasia, meno sicuri e salubri, solo per far guadagnare di più l’industria e la Grande Distribuzione. Deve intervenire il Ministero della sovranità alimentare.
Condimenti, oli aromatizzati e miscele di oli vegetali stanno soppiantando l’extra vergine sugli scaffali dei supermercati italiani. Un’invasione silenziosa in nome dell’abbattimento dell’inflazione che rischia di produrre danni a lungo termine.
“Chiediamo che il Ministero della sovranità alimentare, e in particolare il sottosegretario LaPietra, convochino al più presto un tavolo olivicolo, magari esteso anche alla Grande Distribuzione, per salvaguardare consumatori e olivicoltori – afferma Gennaro Sicolo, presidente di ItaliaOlivicola. La proliferazione incontrollata di condimenti e miscele è un danno per i consumatori, che rischiano di trovare nel carrello prodotti meno tutelati e controllati, e per gli olivicoltori, che dovranno combattere la concorrenza sleale di oli vari che nulla hanno a che fare con il puro succo di oliva, re della dieta mediterranea.
“Oltre al danno la beffa – commenta Sicolo – perché già il mondo olivicolo sta facendo i conti con i rincari nei costi di produzione, oltre ai fenomeni meteo estremi, per poi magari veder deprezzato il prodotto per via dell’ingresso prepotente sul mercato di oli di fantasia, spesso non normati.”
L’olio extra vergine di oliva, fin dal regolamento europeo 2568 del 1991, deve rispettare rigidi parametri chimici e sensoriali per poter essere etichettato come tale. Dell’olio extra vergine di oliva il consumatore conosce l’origine e le caratteristiche, leggendo l’etichetta.
Tutte regole che non esistono per i condimenti e gli oli aromatizzati, certamente meno sicuri e salubri della spremuta di olive ben conosciuta fin dai tempi dell’antica Roma. “Siamo al paradosso che, comprando un olio di bassa qualità e aggiungendoci qualche aroma, magari di sintesi, gli industriali e la Grande Distribuzione possano avere margini di profitto più alti rispetto all’extra vergine – afferma Sicolo – E’ così che, parafrasando la legge di Gresham, l’olio cattivo scaccia quello buono dagli scaffali. Un rischio che denunciamo con forza, perché sappiamo che certe “ricette” possano anche sembrare economiche e piacevoli nel breve periodo ma nel lungo intossicano il tessuto del Paese.” La giusta strada non può che essere ripercorrere quanto intrapreso dall’Italia con il divieto della produzione e commercializzazione delle miscele di oli di oliva con oli vegetali, che invece l’Unione europea voleva imporre con il regolamento 1019/2002. “Tutelare l’olio extra vergine di oliva significa salvaguardare la nostra sovranità alimentare, le nostre tradizioni e i nostri piatti tipici – conclude Sicolo – dobbiamo abituare i giovani a regimi salustistici, come la dieta mediterranea, e non avvicinarci a regimi alimentari insalubri, come quello americano o nord europeo, dove questi condimenti già spopolano, ma dove anche le malattie cardiovascolari e degenerative hanno incidenze ben più elevate di quelle italiane.”