ROMA – La produzione nazionale di riso in Italia è crollata di quasi il 30% per effetto del balzo nei costi e del clima pazzo che, tra siccità e nubifragi, ha portato poi quest’anno alla riduzione delle semine con la messa a coltura di ben 7500 ettari di risaie in meno per un totale di circa 210mila ettari, il minimo da inizio secolo. È quanto afferma Coldiretti in riferimento all’indice Fao di prezzi alimentari ad agosto che evidenzia un aumento del riso del 9,8% su base mensile, raggiungendo il livello più alto degli ultimi 15 anni.
Il “ricatto” dell’India che ha bloccato le esportazioni per cercare di aumentare i contingenti a dazio zero e dall’altra ad alzare i limiti di tolleranza per agro-farmaci come il tricilazolo, colpisce – sottolinea Coldiretti – il cereale più consumato nel mondo che è alla base della dieta di molte comunità, a partire dai paesi asiatici ma anche in alcune aree dell’Africa. Il consumo mondiale di riso nel 2022 è stato di quasi 521 milioni di tonnellate in aumento di oltre 9 milioni rispetto all’anno precedente.
Una situazione che ha un impatto anche sull’Italia con le importazioni di riso dall’India che sono più che raddoppiate (+164%) nel 2023 e rappresentano circa il 12% del totale delle importazioni, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat relative ai primi cinque mesi. Nonostante l’Italia sia il principale produttore di riso in Europa con il 50% dei raccolti per un quantitativo di circa 1,5 milioni di tonnellate di risone all’anno, più di un 1 pacco di riso su 4 venduto in Italia secondo Coldiretti arriva dall’estero soprattutto da paesi che non rispettano le stesse regole, sul piano ambientale, sociale e sanitario, in vigore nell’Unione Europea e fanno concorrenza sleale alle produzione made in Italy.
“È necessario che tutti i prodotti che entrano in Europa ed in Italia rispettino i criteri di sicurezza alimentare ed ambientale adottati a livello nazionale e comunitario”, conclude il direttore di Coldiretti Emilia Romagna, Marco Allaria Olivieri, sottolineando che per “sostenere la produzione locale e nazionale bisogna lavorare sugli accordi di filiera che sono uno strumento indispensabile per un’equa distribuzione del valore lungo tutta la catena, dalla produzione al consumo”.