ROMA – “Quest’anno, per la prima volta da cinquant’anni, la Sardegna sarà libera dalla Peste Suina Africana (PSA). Il che dimostra che l’eradicazione è possibile. Il metodo è quello che indichiamo noi da mesi: abbattimento dei cinghiali, interruzione della catena del contagio tramite reti, premialità per chi alleva correttamente e monitoraggio attivo.
Va anche cambiato radicalmente il sistema di disinfezione e lavaggio dei mezzi di trasporto animali e carcasse con società ad hoc come in Danimarca, per contenere tutti i contagi. Le visite in allevamento dovrebbero limitarsi ai controlli dei veterinari ATS, cessando quelle CSQA (i “guardiani” dei disciplinari DOP) fino a fine emergenza PSA. Il virus non contagia l’uomo, ma uccide la filiera. Il tempo è agli sgoccioli, l’esperienza sarda ci insegna che per poter agire efficacemente servono dei tavoli tecnici.”
Come infatti ricorda il prof. Pulina, Professore ordinario di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti dell’Università di Sassari: “Dopo anni di pene siamo riusciti ad uscirne. Si dovrebbe prendere esempio dalla suinicoltura sarda per due motivi: a) perché con le misure di biosicurezza, che hanno compreso gli abbattimenti dei suini bradi e l’interdizione del pascolo brado, sono stati estinti i focolai; b) perché la PSA non è mai uscita dalla Sardegna, dimostrando un altissimo grado di controllo dell’infezione che altrimenti avrebbe da molto tempo interessato l’intero Paese. Ergo – spiega il Professore – controllo dei selvatici con l’impegno dei cacciatori; bando del pascolo brado in tutto il territorio nazionale, con buona pace del recupero di diverse razze locali, se non messe in condizioni di allevamento protetto; aumento della biosicurezza degli allevamenti con misure draconiane per gli ingressi. Noi abbiamo fatto l’unità di crisi sarda. Ognuno ha qualcosa da perdere, ed è più semplice buttare la colpa sulle spalle degli altri. Ma in questo modo la Peste Suina Africana resterà tra noi serenamente. In Sardegna ci è rimasta per quasi cinquant’anni. Quando mi sono seduto ai primi tavoli dell’unità di crisi, i componenti hanno analizzato con senso critico tutti gli errori che avevamo commesso nel passato, abbiamo trovato il bandolo della matassa. Ma non è stato facile”.
“Lancio quindi un appello al ministro della Sovranità Alimentare”, conclude Elio Martinelli, presidente Assosuini: “Ci convochi al più presto. Insieme possiamo superare questa crisi. Divisi non sopravviveremo”.