CASERTA – Il Presidente territoriale di Altragricoltura Caserta, Pasquale D’agostino, ha scritto all’Assessore Regionale all’Agricoltura della Campania, Nicola Caputo, chiedendo un intervento urgente per “integrare la disponibilità di Gasolio Agricolo agevolato alle aziende agricole del territorio che corrono il rischio serio di dover fermare le attività.”.
Tre sono le ragioni che il Presidente di Altragricoltura spiega nella sua richiesta e tutte riconducibili direttamente ai profondi effetti delle modifiche ambientali che impattano in maniera pesantissima sulle lavorazioni che gli agricoltori sono costretti ad effettuare per gestire la produzione (“questa è stata l’annata agraria con la stagione irrigua più lunga” e “gli agricoltori sono stati costretti a moltiplicare le lavorazioni per rendere produttiva la semina con conseguente moltiplicazione esponenziale delle quantità di carburante impegnate”) ma anche per effetto dell’ingente aumento dei costi che pesa in maniera fortissima sull’economia aziendale.
Fra gli effetti di questi aumenti di costo ve ne è uno, nuovo per la modalità e l’impatto che sta producendo, per cui gli agricoltori che erano prima abituati a servirsi di servizi e lavorazioni in contoterzi, per l’aumento dei costi soprattutto dei carburanti, sono costretti a gestire direttamente le lavorazioni senza poter più contare sulle attività di altre aziende che scaricavano il carburante (il trasporto di prodotti e di materie prime che venivano prima esternalizzati ma che, adesso, pesano direttamente sulle scorte di carburante aziendale, incide in maniera pesante),
Per tutto questo, Pasquale D’Agostino ha chiesto all’Assessore Caputo di predisporre una integrazione della misura per il Gasoilio Agevolato ampliando le quantità integrative disponibile alle aziende in modo da evitare il fermo delle attività (in questi tempi di crisi le aziende non possono certo andare a fare gasolio ai distributori di benzina).
D’Agostino ha chiesto all’Assessore di intervenire ed ha annunciato di “rimanere in attesa di riscontro” in modo da poter riferire alle 285 imprese associate nel Basso Volturno ad Altragricoltura che saranno nella prossima settimana convocate (in un incontro aperto a tutti gli agricoltori del territorio) sul tema della disponibilità del gasolio e degli aumenti di costi.
Se quello che chiede il Coordinamento della Confederazione Altragricoltura di Caserta è un atto urgente e indispensabile per far fronte all’ennesima emergenza, è chiaro che i cambiamenti ambientali sempre più strutturali e di lungo periodo, ormai, rendono chiaro come il modello di produzione del cibo e delle materie prime prodotte nei campi vada profondamente ripensato.
Il cambiamento climatico con un forte innalzamento delle temperature medie e la modifica sostanziale dei cicli ambientali e stagionali sta determinando difficoltà crescenti nei cicli delle produzioni di specie vegetali e animali fin qui ambientate ai nostri climi e induce ad un sostanziale ripensamento delle modalità di gestione delle risorse sottoposte a forte stress come l’acqua per esempio ma anche il suolo e la sua tenuta agronomica.
Il ripensamento non potrà che essere condotto con l’obiettivo di potenziare l’aspetto “agroecologico” e “conservativo” dei metodi e delle tecniche agronomiche e lo stesso rapporto fra l’azienda produttiva e il territorio.
Altragricoltura, che fonda la propria ragione di essere e la propria visione di un futuro positivo e socialmente condiviso per l’agricoltura e il ciclo agroalimentare, è fortemente impegnata a promuovere il progetto della conversione agroecologica di un’agricoltura sempre meno “distruttrice di risorse” e sempre più “conservativa e rigeneratrice”.
Entro i primi mesi del 2024 si terrà un appuntamento dedicato sull’Agroecologia e sulla agricoltura conservativa che riunirà le più avanzate esperienze che già si muovono in questa direzione per contribuire a definire il progetto di Riforma dell’Agroalimentare a base del lavoro per l’anno a venire.
Per intanto una cosa ci è chiara: il nuovo progetto dell’agricoltura agroecologica non può essere fatto chiudendo le aziende agricole. Il Paese non può permettersi di perdere quelle imprese che ancora resistono rassegnandosi a diventare definitivamente un giardino improduttivo con il cibo e le materie prime che vengono importate da luoghi dove, spesso, sono peraltro prodotti senza alcun rispetto per l’impatto ambientale oltre che per i diritti degli agricoltori e dei lavoratori.
La perdita della Sovranità Alimentare sarebbe sancita definitivamente e si compirebbe il percorso avviato nei decenni di cura della globalizzazione senza regole che disegna un inquietante scenario: le campagne italiane senza agricoltori e allevatori e l’agroalimentare italiano definitivamente prodotto con le materie prime importate e il Made in Italy in mano alla speculazione commerciale