ROMA – «Sono ormai evidenti a tutti i benefici apportati dalla presenza di più alberi nelle nostre città, tanto è vero che in questa direzione sono aumentate le attività di ricerca, così come si sono moltiplicate le iniziative delle Istituzioni a vari livelli. C’è però un punto fondamentale dal quale non si può prescindere: per piantare alberi bisogna avere alberi e programmarne la produzione, poiché ci vuole tempo.
Il ruolo che il CREA Foreste e Legno svolge in questo ambito è essenziale, sia in termini di ricerca che di applicazione tecnologica, in connessione con realtà imprenditoriali pubbliche e private e i Carabinieri Forestali, al fine di adattare procedure e strumentazioni alle condizioni peculiari di modernizzazione dei vivai forestali, nonché agli ambiti designati per la raccolta di seme e alla produzione di materiale forestale di moltiplicazione». Così Piermaria Corona, Direttore del CREA Foreste e Legno in occasione del workshop Più verde e più ossigeno – Prospettive del progetto Ossigeno alla luce degli accordi di collaborazione tra Regione Lazio ed Enti Pubblici, organizzato oggi dal CREA Centro Foreste e Legno e da Regione Lazio, Direzione Regionale Ambiente nell’ambito del progetto Ossigeno. Il workshop ha la duplice finalità di sensibilizzare la popolazione sui benefici del verde ben progettato nei contesti urbani e periurbani e di rappresentare un riferimento per la programmazione futura della produzione vivaistica.
Il progetto Ossigeno. Coordinato dalla Regione Lazio ha durata triennale e si prefigge l’obiettivo di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e migliorare la qualità dell’aria in contesti urbani e periurbani, mettendo a dimora alberi e arbusti autoctoni, individuati dai ricercatori come i più capaci di trattenere le polveri sottili, in grado, quindi, di ridurre l’inquinamento: un primo esempio concreto fornito dal progetto è il rimboschimento realizzato a Roma presso l’Azienda Ovile del CREA, ispirato al concetto di microforeste di Miyawaki, noto botanico giapponese, che riempie piccoli spazi urbani in maniera molto fitta con piante autoctone in modo da creare un piccolo ecosistema funzionale.
«Il metodo si “ispira” a quello di Miyawaki con piccole variazioni – spiega Giuseppe Pignatti primo tecnologo CREA Foreste e Legno – Abbiamo utilizzato le specie tipiche dei boschi naturali della zona: sughera, leccio, acero campestre e orniello, e un po’ di farnia. Le piante sono messe a dimora a elevata densità, noi le abbiamo messe a circa 0.5 m lungo la fila e circa 2.5 m tra le file. Ultimo requisito, si cura il suolo, residui delle ripuliture di piante erbacee si lasciano come pacciamatura sul posto».
La tutela dell’ambiente e i benefici – in termini non solo estetici, ma di qualità della vita e della salute – apportati alle città e a chi vi abita, sono solo alcuni degli effetti della presenza del verde nei contesti urbani, un elemento che in futuro sarà sempre più strategico, nell’ottica di doversi necessariamente adattare ai cambiamenti climatici. In questo quadro diventa essenziale sia la ricerca di quelle risorse genetiche forestali più adatte agli scenari climatici futuri, sia la produzione di materiale vivaistico forestale di origine autoctona e certificato.
Il contributo del CREA. Nello specifico i ricercatori del CREA Foreste e Legno si occuperanno di stimare il supporto fornito dagli alberi per migliorare la qualità dell’aria, in particolare rimuovendo gli inquinanti atmosferici. Tale valutazione sarà effettuata con l’innovativo software AIRTREE – sviluppato dal CREA in collaborazione con il CNR – che, combinando informazioni relative alla struttura (altezza, larghezza della chioma) e alla fisiologia (velocità delle reazioni chimiche della fotosintesi) degli alberi con serie temporali di dati climatici e di inquinanti atmosferici, riesce a calcolare l’ anidride carbonica e gli inquinanti atmosferici -come le polveri sottili – che questi rimuovono.
Inoltre, il CREA Foreste e Legno dovrà valutare le specie forestali autoctone resistenti ai cambiamenti climatici e con altre finalità specifiche. Un’attività che sarà svolta grazie alle conoscenze raccolte dal Centro, a partire dalla sperimentazione e dallo studio delle risorse genetiche forestali, in particolare delle specie mediterranee autoctone, di quelle a rapido accrescimento (pioppo e salice) e dei boschi dove reperire il seme destinato alla filiera vivaistica forestale. Proprio per le competenze accumulate nel corso di cento anni di ricerca in selvicoltura, infatti, nel 2022 il Ministero della Transizione Ecologica ha riconosciuto il Centro Foreste e Legno come Centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale.