ROVIGO – Consistente aumento di superfici e prodotto di qualità. Il 2023 si chiude con un ottimo bilancio per l’aglio veneto, concentrato per il 90% in provincia di Rovigo, decisamente in rimonta rispetto al siccitoso 2022 che causò sofferenza alle produzioni.
Secondo i dati 2022 di Veneto Agricoltura, in tutto il Veneto la superficie ad aglio è aumentata, portandosi a 550 ettari con un aumento del 14,5% rispetto all’anno precedente. Rovigo resta la regina regionale, con 490 ettari di oro bianco polesano, e un incremento del 21,3%, con l’aglio bianco polesano dop a recitare una parte importante sul mercato, con circa 140 ettari di coltivazione, 600 tonnellate di produzione certificata annua e 3,3 milioni di euro di valore alla produzione. In Polesine si coltivano anche altre tipologie: dall’aglio precoce di maggio, che ha bisogno di una lavorazione particolare per evitare l’ossidazione, all’aglio rosa francese, pure precoce.
A tracciare un bilancio è Sandro Targa, che segue il settore come tecnico di Confagricoltura Rovigo: “Rispetto all’anno scorso, quando le altissime temperature e la siccità portarono alla crescita di calibri piccoli, la stagione 2023 si può definire soddisfacente sia come produzione, sia come qualità. Qualche problema c’è stato nel periodo primaverile, con piogge persistenti che hanno reso difficoltosa la lavorazione in campo. Ma in generale le aziende sono riuscite a portare il prodotto a maturazione e ad ottenere un buon raccolto per quantità, con pezzature di qualità”.
Aggiunge Lauro Ballani, presidente di Confagricoltura Rovigo: “Si prefigura una buona annata con un prezzo buono, dato che per l’aglio a mazzo, raccolto e seccato, si viaggia mediamente attorno ai 180 euro a quintale. La richiesta dei commercianti è però sempre di più di prodotto semilavorato, che viene pagato oltre 250 euro a quintale, in modo che gli scarti di lavorazione restino in capo al produttore. La panoramica positiva del settore porta a pensare che ci sarà un aumento delle superfici coltivate ad aglio anche nel 2024, anche perché pare che in Francia, nostro principale competitor, siano in diminuzione”.
L’aglio è una coltura meccanizzata nella raccolta, che necessita però di manodopera nella fase di lavorazione, immagazzinamento, stoccaggio e confezionamento in trecce, grappoli, canestrini e mazzi. E questo è il tasto dolente. “Le aziende più grosse hanno personale formato per le varie fasi – spiega Targa -, mentre altre faticano soprattutto nel periodo estivo a reperire persone con fisico e voglia di lavorare in luglio, quando si raccoglie e si lavora l’aglio dop polesano, sotto il sole cocente nelle campagne di Pontecchio, Grignano, Lusia, Guarda Veneta e altri luoghi di produzione polesani. Una volta c’erano molti studenti e gente del posto, mentre oggi bisogna affidarsi sempre di più alle cooperative. E i braccianti sono quasi tutti stranieri”.