ROMA – Un’annata particolare che potrebbe essere lo spartiacque per l’olivicoltura italiana e internazionale.
Tra crollo produttivo, borsino dei prezzi in continua evoluzione, timore da parte dei consumatori, spuntano le esigenze che nel settore già si sentivano da tempo. In attesa di un Piano Olivicolo Nazionale e potendo contare già su bandi da PNRR, ecco come dalla crisi del 2023 può rilanciarsi l’olivicoltura nazionale. Abbiamo fatto il punto con il direttore generale di Unaprol, Nicola Di Noia.
“Un’annata incredibile, come non si ricordavano da tempo, tra crollo produttivo a livello internazionale e prezzi che naturalmente stanno giocando su un mercato in continuo divenire. Eppure questa criticità ci sta dando un segnale di riflessione, per tutto un comparto che deve sapersi aggiornare su aspetti determinanti”.
La crisi è dovuta quest’anno alla scarsa produzione, cosa ci dobbiamo aspettare sui prezzi?
“In Italia ancora il prezzo sta tenendo, anche se naturalmente è destinato a salire. Fenomeni come quello che sta succedendo in Spagna, o anche altri Paesi emergenti come Cile, Stati Uniti o Australia, sono legati a una diversa tipologia di produttività e di mercato. Eppure questo ci sta dando quella scossa che da tempo il nostro settore aspettava”.
A cosa si riferisce?
“Prima di tutto dobbiamo stabilizzare la produzione e anzi cercare di aumentare le superfici a olivo. Stabilizzare vuol dire saper far fronte, nei limiti del possibile, a emergenze climatiche che sempre di più incontreremo. Come? Intanto investendo su piantagioni sostenibili da questo punto di vista, su invasi idrici che all’occorrenza vengano in sussistenza, il tutto non tralasciando il valore aggiunto della nostra olivicoltura: la qualità e la territorialità”.
C’è poi il consumatore che fa il mercato.
“E’ un altro aspetto su cui dobbiamo lavorare tutti insieme. Se l’olio extravergine non può costare meno di un tanto al litro, noi dobbiamo essere più bravi a comunicare al consumatore il motivo di questo, che si può investire qualche euro in più su un prodotto che non solo è più buono, ma che è fondamentale anche dal punto di vista salutistico e soprattutto salvaguarda l’ambiente e il paesaggio che ci caratterizza”.
Un Piano Olivicolo Nazionale?
“E’ sicuramente una delle priorità. Nel Piano c’è bisogno di una politica di aiuti all’incremento delle superfici, al ricambio generazionale, ma nello stesso tempo un sostegno al restauro degli oliveti più antichi, che caratterizzano la maggior parte della nostra olivicoltura e che senza un intervento rischiano di essere abbandonati a se stessi rappresentando anche una perdita a livello paesaggistico”.
In attesa del Piano?
“In attesa del piano abbiamo partecipato ad almeno 7 bandi del PNRR siamo riusciti a movimentare diversi milioni di euro a sostegno degli imprenditori per attività che vanno dalla riqualificazione degli impianti fino alla promozione”.
C’è la questione della Xylella da non dimenticare.
“Oltre 20 milioni di piante abbattute e non è finita, l’incubo che il batterio possa passare ad altre regioni, o ad altre zone della Puglia, è in agguato. Dobbiamo investire in attività di fitopatologia, di prevenzione, questo deve avvenire entro brevissimo perché rischiamo di essere già in ritardo”.
Parliamo di Puglia e non possiamo non pensare anche alle olive da tavola.
“Un altro segmento dell’olivicoltura che in Italia ha giocato una grande fetta economica negli anni e che rischiamo di perdere a vantaggio di altri Paesi che tuttavia pur giocando sui prezzi non possono arrivare alla nostra qualità. Dobbiamo far tornare i nostri imprenditori a crederci, a investirci, in questo il Piano può essere fondamentale, soprattutto dal punto di vista della promozione”.