ROMA – Non genera più né eco né confronto l’annuale rapporto ISPRA sul consumo di suolo in Italia, redatto del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (isprambiente.gov.it/it). “Esce dal 2014, qualche risonanza mediatica e qualche senso di colpa istituzionale forse in passato lo ha generato, almeno di facciata. Quest’anno il silenzio è raggelante. La politica agricola è rimasta senza dialettica. Il suolo italiano macina record ambientali negativi. Medaglie al disonore che da noi si portano con disinvoltura: le Istituzioni restano inermi, pavidamente in attesa di un Godot che si tradurrà in una direttiva europea sul suolo che, grazie all’ignavia della politica italiana, rischia di danneggiare l’agricoltura mediterranea, quella che cerca di produrre anche su lievi pendii”, questo il commento del presidente dell’Unione Nazionale Contoterzisti UNCAI, Aproniano Tassinari.
I dati ormai non indignano più nessuno: “I predatori di suolo continuano nei loro affari. Se un anno fa abbiamo denunciato che la situazione era diventata fuori controllo, oggi i dati sono ulteriormente peggiorati: il consumo di suolo viaggia alla velocità di 2,4 metri quadrati al secondo che in dodici mesi fanno 77 km2, oltre il 10% in più rispetto al 2021, quando il valore si era fermato a 70 km quadrati”.
Aumentano le temperature in città, aumenta il rischio idrogeologico a causa di coperture artificiali e cementificazione dei terreni, mentre l’agricoltura, solo nel 2022, ha perso 4500 ettari coltivati, il 63% del consumo di suolo nazionale. “Cosa possiamo aspettarci da un Parlamento che non è riuscito a concludere l’iter di una sacrosanta legge contro il consumo di suolo, pronta dal 2013, ma incagliata in un sistema politico vischioso che sacrifica il passato e il futuro a un presente infinito e globale? Vediamo se avrà miglior sorte la proposta di legge a prima firma Angelo Bonelli (Verdi), appena assegnata alla Commissione ambiente della Camera. Facciamo gli auguri alla nuova proposta di legge. Che abbia un processo rapido, trasparente e partecipato!”, il presidente UNCAI è tranchant. “Erosione, perdita di carbonio organico e di capacità di ritenzione idrica, eccedenze di nutrienti, compattazione o salinizzazione secondaria, contaminazioni: è il risultato di una cultura che non c’è più, la terra si è ridotta a merce, a quei benedetti oneri di urbanizzazione, è stata spogliata della sua storia, tradizione e degli altri significati che le appartengono, soprattutto ambientali e rurali. La degradazione della capacità del suolo di funzionare come un sistema vitale e di fornire servizi ecosistemici sta compromettendo la fertilità a lungo termine dei terreni agricoli con gravi danni ambientali ed economici.
Solo la compattazione del suolo può ridurre i rendimenti delle colture dal 2,5% al 15%. Il suolo resta il migliore bancomat di ogni amministratore locale, perché permette di fare cassa per fornire altri servizi. Un anno fa il governo ha provato ad aprire un nuovo bancomat, finanziando un fondo per il contrasto al consumo di suolo. Poteva essere un primo concreto passo affinché i suoli fossero gestiti in modo sostenibile. Ma il fondo si è esaurito in fretta e forse non era neppure lo strumento più indicato per come sono fatti gli italiani”.
Eppure suoli sani possono fornire molteplici servizi ecosistemici in una misura sufficiente a soddisfare le esigenze ambientali, sociali ed economiche. “Gli Stati membri dell’Unione europea fra pochi anni avranno l’obbligo di valutare, monitorare e certificare la salute del suolo, garantirne una gestione sostenibile, bonificare i siti contaminati. I contoterzisti sono i primi garanti di servizi ecosistemici fatti a regola d’arte, garantiscono una gestione sostenibile e azioni per rigenerare i suoli disponendo dei mezzi meccanici più moderni e rispettosi dell’ambiente. Cosa aspetta l’Italia a fare qualcosa per evitare o ridurre al minimo la perdita della capacità del suolo di fornire servizi ecosistemici, inclusa la produzione alimentare? La politica italiana batta un colpo, ora”, conclude Aproniano Tassinari.