VERONA – Meno produzione, ma prezzi soddisfacenti. Si può riassumere così la stagione delle patate della provincia di Verona, prima in Veneto per investimenti con 1.700 ettari sui circa 3.500 regionali, seguita da Vicenza (500 ettari) e Padova (500 ettari).
I raccolti hanno segnato un consistente calo un po’ ovunque, tra l’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna e la siccità che, nel periodo primaverile, ha bloccato lo sviluppo delle piante. Proprio a causa della scarsa disponibilità, la richiesta sul mercato è stata forte e, di conseguenza, i prezzi sono aumentati.
“Quest’anno registriamo un aumento di circa il 20% in base ai listini della Borsa di Bologna – sottolinea Umberto Parodi, tra i maggiori produttori di patate di Confagricoltura Verona, titolare di un’azienda agricola nel Basso Veronese che produce anche cereali e pomodori da industria -. Va però rimarcato che i guadagni sono stati limitati a causa dell’aumento dei costi di produzione: concimi, gasolio, mezzi tecnici e antiparassitari.
L’annata, in generale, è stata comunque positiva. Si è verificata una minor incidenza del cosiddetto ferretto, cioè di elateridi o vermi delle patate, che nelle stagioni precedenti avevano lasciato un segno pesante. Tuttavia, le quantità sono leggermente inferiori per effetto della siccità primaverile, soprattutto per quanto riguarda le varietà precoci, che si raccolgono a inizio estate principalmente nella zona vocata del Veronese, cioè Cologna Veneta, famosa per la terra rossa attorno al Guà. Per quanto riguarda le varietà tardive, cioè le patate da industria utilizzate per chips e surgelati, il calo del raccolto è dovuto alla recrudescenza della peronospera”.
La mancanza o il divieto dell’Ue di principi attivi adeguati fa sì che la produzione di patate in Europa sia costantemente in calo, mentre i consumi sono in tenuta. In questo modo viene favorito l’import dal Nord Africa, aumentato del 25% in cinque anni.
“Il paradosso è che i nostri competitor usano sostanze chimiche vietate in Europa – osserva Parodi -, con vantaggi per la produzione. Così, però, si rischia di perdere terreno sul fronte della produzione nazionale, avvantaggiando la concorrenza. L’Ue deve decidersi: o consente anche ai suoi produttori di utilizzare le sostanze altrove permesse, oppure mette dei limiti all’import dei Paesi che le usano”.
Il settore occupa in Italia 47.000 ettari, per una produzione di 1,3 milioni di tonnellate di patate. “Secondo me nel Veronese c’è fiducia nella coltivazione – dice Parodi -, soprattutto per quanto riguarda il prodotto fresco, cioè precoce. Il raccolto avviene, infatti, in un periodo ottimale, a cavallo tra le produzioni di Egitto, Cipro e Israele e quelle del Nord Europa. Quindi le patate sono poche e ce le pagano di più. Ci vorrebbero però più interventi di sostegno, ad esempio per quanto riguarda il seme, che è in continuo aumento, e attualmente veleggia su 3.000-4.000 euro ad ettaro. Auspichiamo che la Pac provveda con aiuti accoppiati”.