ROMA – Il 3 gennaio del 1954 nasceva la televisione italiana. Già da subito l’agricoltura ha avuto un ruolo fondamentale, essendo uno dei pilastri dell’economia italiana. Cerchiamo di ripercorrere come in settanta anni l’agricoltura è stata raccontata attraverso le immagini televisive e come è cambiato l’approccio multimendiale.
”Tv degli agricoltori” è stata la prima trasmissione nata nel 1955 e proseguita fino al 1969. Un programma tecnico-didattico un po’ ingenuo rivolto ai contadini, all’epoca ancora importanti dal punto di vista sociale, economico e soprattutto elettorale. Ad essa subentrò “A come Agricoltura”, programma di Rai 1 che andò in onda dal 1970 al 1981 continuando a raccontare come veniva prodotto il cibo che arrivava sulle tavole degli Italiani e descrivendo i problemi di cui il comparto agricolo pativa. Il cambio di passo avvenne fra il 1978 e il 1980, quando subentrò Giovanni Minoli, sotto la cui guida il programma cambiò ancora nome in “Agricoltura domani”. Questa fu la naturale evoluzione dei programmi precedenti fondendo però diversi generi e tecniche televisive. Da descrizione di ciò che l’agricoltura era, rivolgendosi prettamente agli agricoltori, la creatura di Minoli assunse sempre più le vesti dal giornalismo investigativo, con alcuni sentori perfino di fiction e dando vita a veri e propri speciali di inchiesta.
In sostanza, fu sotto Minoli che le trasmissioni sull’agricoltura smisero di parlare agli agricoltori e iniziarono a rivolgersi ai consumatori. In quegli anni, del resto, si era ormai perso ogni interesse verso i “contadini”, divenuti politicamente e mediaticamente insignificanti. Nascono concettualmente allora le trasmissioni sedicenti d’inchiesta che dipingono l’agricoltura quasi fosse una fonte continua di crimini contro ambiente e salute. Una costanza persecutoria che se dovesse mai esistere il reato di “istigazione all’odio agricolo”, come esiste quello per l’odio razziale, sarebbe interessante vedere come andrebbe a finire. Per contro, l’evoluzione delle trasmissioni dedicate esclusivamente all’agricoltura è proseguita in direzione opposta.
Nel 1981 a raccogliere l’eredità di Minoli fu Federico Fazzuoli che diede vita a Linea Verde togliendo dal nome perfino la parola “agricoltura”. In cambio vennero inserite donne di spettacolo come Catherine Spaak e Gigliola Cinquetti, affiancate da un cuoco che illustrava prelibatezze tipiche e locali. Purtroppo, se a parlare di agricoltura ci si mettono soubrette, gastronomi e cuochi, il destino degli agricoltori pare decisamente segnato. Un trend che poi è proseguito anche quando Fazzuoli lasciò il passo ad altri conduttori, nel 1994: una sequenza di attori, modelle, Miss, cuochi e gastronomi che completarono la metamorfosi di un programma nato per l’agricoltura in uno incentrato sul food entertainment, tutto turismo ed enogastronomia. E così, conduttore dopo conduttore, si è consolidata nei telespettatori l’idea che quella mostrata in tv sia l’agricoltura cui si dovrebbe tendere, in contrasto con quella brutta e cattiva chiamata “intensiva” contro la quale sguazzano appunto le trasmissioni di “inchiesta”. Il malgaro che produce qualche chilo di formaggio è in tal modo assurto a contraltare dei caseifici da centinaia di tonnellate di formaggi, distribuiti questi a prezzi accessibili per milioni di Italiani.
Auguri alla Televisione italiana anche dalla redazione di agricultura.it