ROMA – Come in Germania e in molte altre parti d’Europa, anche in Italia gli agricoltori si sono uniti alle proteste contro le assurde politiche green dell’UE, che da anni penalizzano il settore agricolo e zootecnico in nome di una presunta salvaguardia del clima e del pianeta. In queste ore, anche a Bologna, Firenze e Milano, così come in Sicilia già negli scorsi giorni, centinaia di trattori in marcia per le strade hanno paralizzato le città, proprio come successo in Germania, Francia, Paesi Bassi e Romania, e la mobilitazione è attesa anche in altre città italiane.
Assosuini ha dato il suo pieno appoggio agli agricoltori in sciopero, arrivati al limite dopo decenni di politiche anti-agricole e attacchi ingiustificati al settore. “La svolta green non può essere pagata da chi sfama il paese”, denuncia Elio Martinelli, Presidente di Assosuini: “Questo pare chiaro. E se si insisterà a voler scaricare i costi, con il taglio agli sgravi fiscali per il carburante e l’aumento delle tasse sulla terra, rischiamo di vedere le stesse scene che hanno paralizzato la Germania e fatto cambiare il governo in Olanda. Chiunque lavori nella filiera alimentare sa che per contrastare il caro spesa ci vogliono misure di sistema. Bisogna, quindi, che la maggioranza faccia uno sforzo e inserisca nel Decreto Milleproroghe una misura ad hoc che prolunghi gli incentivi. È vitale chiarire che questi soldi non rientrano nei margini operativi degli operatori della terra, ma sono tutte spese che ricadrebbero sulle fasce più deboli della popolazione”.
Secondo Martinelli, infatti, un conto è tassare i grandi proprietari terrieri, cosa sulla quale si può aprire un ragionamento, un altro gli operatori economici: “Vorrei fare una separazione tra chi è un possidente terriero, anche se di terreno agricolo, rispetto alla stragrande maggioranza di aziende agricole che hanno in mano la produzione. Se vogliono tassare chi ha migliaia di ettari e vive solo di rendita, mi va benissimo, ma l’importante è togliere la stragrande maggioranza, che sarà il 95% delle aziende agricole che vivono per produrre cereali, prodotti agronomici o gli allevamenti. Questi sono già abbastanza in crisi come produzione e quindi è giusto evitare di aggravarne ancora i costi. Si potrebbe insomma proporre una differenziazione. Un conto è la proprietà per le mega aziende terriere, un conto è la struttura produttiva, sono due cose ben diverse”.
Ci affidiamo quindi a una maggioranza che spesso su questi temi si è dimostrata attenta al grido di dolore di una filiera ferita. E ci aspettiamo che l’azione sia decisa ed efficace. Oltre che rapida.