VERONA – Verona balza al primo posto nella classifica nazionale dell’export agroalimentare.
Nei primi nove mesi del 2023 la città scaligera sorpassa Cuneo e diventa la provincia leader italiana, con quasi 3,2 miliardi di euro di valore, con Milano, Parma e Bologna che vengono distanziate.
È il dato più significativo del Report “Economia, agricoltura e agroalimentare” di Confagricoltura Verona, realizzato in collaborazione con l’Ufficio Studi CGIA di Mestre, presentato oggi a Fieragricola di Verona, con il consuntivo 2023 e le prime proiezioni sul 2024.
Verona, dunque, si conferma sempre di più locomotiva agricola d’Italia, con un export agroalimentare che secondo i dati Istat, nei primi nove mesi del 2023, è cresciuto più del dato nazionale e, con riferimento alle prime dieci province, ha registrato l’incremento assoluto maggiore: +237 milioni di euro rispetto allo stesso periodo del 2022. Il successo dell’export agroalimentare di Verona si deve al peso dei prodotti agricoli (500 milioni di euro), alimentari (1.789 milioni tra carne, prodotti lattiero-caseari, prodotti da forno e altri) e alle bevande (867 milioni), dove Verona, con i suoi vini, tallona Cuneo. Dal 2007 al 2022 l’export agroalimentare veronese è quasi triplicato: la crescita è stata più veloce rispetto al totale dell’export di Verona (+83%).
La città in riva all’Adige rimane la provincia leader in Veneto con 1 miliardo di valore aggiunto (la differenza tra il valore delle produzioni e il costo dei beni e servizi intermedi), che rappresenta oltre il 30% del dato regionale (3,3 miliardi), con un +3,8 % nelle stime del 2023 che la vede in controtendenza insieme a Rovigo (+4,8%), Padova (+3%)e Vicenza (+1,5%) rispetto alla media regionale e nazionale. Le peggiori performance in Veneto sono di Treviso (-8,4%) e Venezia (-6,1%). Le prime previsioni per il 2024 sono di rinnovata crescita, anche se meno intensa del 2023.
Anche in termini di unità di lavoro Verona è la provincia con il numero più elevato: quasi 28 mila nel 2023: il 28% del totale regionale (98 mila). Seguono Treviso (20 mila), Padova (14.500), Vicenza 11.800), Rovigo (10.800), Venezia 10.400) e Belluno 2.800). Si notano, tuttavia, numeri meno elevati rispetto al passato, per la riduzione delle unità di lavoro indipendenti, che su base nazionale appare molto evidente, in piena armonia con i processi di concentrazione avvenuti in agricoltura. In tenuta, invece, le unità di lavoro dipendenti.
Se i numeri sono positivi per quanto riguarda export e valore aggiunto, rimane tuttavia molta incertezza per quanto riguarda il quadro politico ed economico internazionale. Anche se i prezzi di alcuni cereali, settore in cui il Veneto è tra le prime regioni in Italia, potrebbero risalire dopo la flessione del 2023, i costi di produzione si mantengono ancora alti e non garantiscono una marginalità agli imprenditori agricoli. Nota positiva, il calo delle quotazioni dell’energia elettrica scese a 115 euro in media da maggio a dicembre e quelle del gas naturale, pari a 36 euro per megawattora tra maggio e dicembre.
Nello studio firmato da Confagricoltura Verona e CGIA Mestre di notevole interesse il focus sugli investimenti in agricoltura, che dimostra una netta crescita negli ultimi anni: nel 2022, rispetto al 2014, ha segnato +54% a fronte di un importante, ma più ridotto, +39% degli altri settori. L’ammontare totale degli investimenti nel settore primario ha superato i 12 miliardi di euro. Il 65% degli investimenti è costituito da impianti e macchinari. La maggior parte delle immatricolazioni riguarda i trattori, seguiti dai i rimorchi.
Commenta Alberto De Togni, presidente di Confagricoltura Verona: “Il report conferma il trend già evidenziato nel primo semestre, con dati soddisfacenti sulla tenuta del comparto agroalimentare veronese, in pole position in Italia sia per il valore aggiunto, sia per l’export. Per quanto riguarda il 2024 c’è forte preoccupazione,in quanto la fine del 2023 e l’avvio di quest’anno hanno segnato un trend dei prezzi pagati agli agricoltori poco soddisfacente: le quotazioni dei prodotti sono calate molto e non scorgiamo segnali di ripresa. È vero che c’è stata una riduzione dei costi di produzione, ma il calo non riguarda tutti e la pressione rimane elevata. A questo si aggiunge lo scontento per una Pac, la Politica agricola comune, che di fatto va a regime quest’anno e porterà a risultati che, prevedibilmente, saranno penalizzanti per gli agricoltori. Le proteste di questi giorni lo dimostrano”.
Aggiunge Renato Mason, segretario di CGIA Mestre: “Le rinnovate tensioni sui mercati globali, insieme al rallentamento della crescita economica,prospettano un 2024 nel segno della grande incertezza. Si tratta di un quadro che rende ancora più imprevedibile l’andamento dell’agricoltura, settore economico condizionato da sempre da eventi climatici e da prezzi, cioè materie prime e costi intermedi, ancora elevati. I margini sempre più risicati degli agricoltori e il costo del denaro, che si manterrà elevato per tutto il 2024, pongono dei seri interrogativi sul futuro di questo settore che ha dimostrato di investire più di altri comparti nel tempo, rinnovandosi e contribuendo al successo dell’agroalimentare italiano nel mondo”.
SCARICA IL Report Confagricoltura Cgia 1° febbraio 2024