SOAVE (VR) – Proseguire lungo la via della qualità altamente selezionata, tracciata a partire dallo scorso luglio; rendere la denominazione ancora più competitiva sui mercati; produrre in maniera ancora più rispettosa dell’ambiente; tutelare il consumatore finale al momento dell’acquisto.
Queste le colonne portanti su cui si fonda il “Progetto Identità Soave” , l’insieme di direttive e di buone pratiche che sono state adottate all’interno della denominazione del Soave, fra cui la riduzione delle rese per ettaro, approvata all’unanimità dall’Assemblea del Consorzio di tutela in questi giorni.
Dopo aver deliberato nella scorsa estate la sospensione degli impianti ai fini della rivendica per i vigneti realizzati dopo il 31 luglio 2023 e un blocco rivendica per le stagioni 2023 e 2024, è stata approvata nella seduta assembleare di fine dicembre la riduzione delle rese per ettaro previste dal disciplinare per tutte le produzioni Doc Soave. A seguire è stato inoltre collegialmente deciso un aumento al 30% delle verifiche da parte dell’organismo di certificazione SIQURIA sul rispetto della resa massima consentita: col 2024 quindi il 30% dei viticoltori della denominazione verrà ispezionato dall’ente di certificazione nel periodo di presenza del grappolo sulla pianta al fine della stima della resa potenziale del vigneto e del rispetto dei nuovi limiti produttivi stabiliti.
Tali scelte in materia di gestione delle produzioni posizionano di fatto oggi il Soave tra le prime denominazioni italiane per percentuale di controlli effettuati in vigneto.
Appoggio totale da parte della Regione del Veneto per la quale la DOC Soave è e rimane un asset strategico di fondamentale importanza. L’obiettivo a cui si punta con queste misure di gestione della denominazione è quello di porsi in maniera tonica rispetto ai mercati, in Italia e all’estero, proponendo un vino marcatamente identitario dal punto di vista del vigneto e del terroir, grazie a pratiche agricole condivise in grado di gestire la naturale esuberanza produttiva della Garganega.
Una scelta dal forte impatto non solo qualitativo, ma anche etico: dosare con lungimiranza la produttività dei vigneti significa di fatto ridurre l’apporto energetico nella loro complessiva gestione, dal vigneto alla cantina, in primis in termini di risorse idriche. Forte poi il senso di responsabilità nei confronti dei consumatori che avranno così la certezza di acquistare vini frutto di un importante lavoro di controllo e di selezione.
Una misura, adottata oggi, che diventa strategica anche per i viticoltori: a partire da adesso potranno già effettuare i lavori di potatura programmando e decidendo fin da subito quali sono i vigneti più vocati da destinare alla produzione di Soave e quali invece ad altre tipologie.
«Quello che abbiamo posto in essere – evidenzia Sandro Gini, presidente del Consorzio di Tutela del Soave – è un insieme di misure che, da circa due anni, mirano ad una forte riorganizzazione interna sul fronte della produzione col risultato di garantire al consumatore finale vini frutto di una severa selezione, in grado di distinguersi per l’elevata qualità. È una risposta importante che come denominazione intendiamo dare ai mercati che, oggi più che mai, ricercano vini fortemente identitari, con una gradazione alcolica non troppo spinta».
Per il Soave un richiamo ad essere semplicemente se stesso. Da qui il nome di Progetto Identità Soave. «La Garganega, madre del Soave, è un’uva generosa e per tale ragione va dosata la sua naturale esuberanza. Se coltivata con lungimiranza e intelligenza non ha nulla da invidiare a vitigni come lo Chardonnay o il Sauvignon e non deve temere il confronto con le varietà aromatiche. Il Soave – conclude Gini – si caratterizza proprio per la sua “lievità olfattiva” che varia a seconda delle zone di produzione ma proprio questa sua caratteristica può dar vita ad una complessità affascinante, sostenuta dalla naturale vocazione di questo grande bianco veronese ad evolvere nel tempo».