ROMA – Arriva dall’European Drought Observatory la più recente attestazione sulla grave situazione idrica, che sta colpendo ampie zone del bacino mediterraneo (regioni insulari d’Italia, Algeria, Marocco, Spagna Sud-Orientale comprese le isole Baleari); lo stesso Osservatorio indica come il 16,1% dell’Europa sia ormai minacciato da grave siccità, ma soprattutto l’1,2% sia già in allarme conclamato: le spagnole Murcia, Regione Valenciana, Maiorca, oltre alla Sicilia.
Nell’iberica Catalogna, dove non piove significativamente da tre anni, sono già scattate restrizioni sull’uso civile dell’acqua, mentre gli invasi marocchini trattengono solo il 23,2% della capacità (nel siccitoso inverno 2023 erano al 31,5%!) a causa di un deficit pluviometrico pari al 70% della media.
Nel nostro Paese, le due maggiori isole stanno già facendo i conti con limitazioni nell’uso agricolo della risorsa idrica, ma le temperature eccezionalmente alte, la scarsità di precipitazioni e l’assenza di neve lungo la dorsale appenninica stanno velocemente disegnando uno stato di grave sofferenza idrica per le regioni peninsulari, più accentuato al Sud, ma in costante allargamento verso le regioni centrali. Criticità stanno evidenziandosi anche nelle regioni del Nord: in particolare, su alcuni bacini piemontesi, in Liguria ed Emilia Romagna orientale. Va meglio a Nord-Est dove, nonostante le temperature miti, nel mese di gennaio le precipitazioni sono state superiori alla media e lo stato di innevamento su Dolomiti e Prealpi risulta nella norma, soprattutto in Veneto.
“Guardiamo con apprensione l’evolversi della situazione meteo, perché si stanno delineando le condizioni per un’altra estate d’emergenza idrica con gravi ripercussioni soprattutto per l’economia agricola” commenta un preoccupato Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
“Alte temperature e carenza di piogge sono un mix, che sta mettendo sotto stress da settimane le infrastrutture idrauliche del Mezzogiorno, che finora riescono a rispondere alle esigenze dei campi, che si eleveranno però con l’incedere dei mesi più caldi, quando aumenterà anche la pressione antropica, dovuta all’arrivo dei turisti. Aldilà dei provvedimenti emergenziali è necessario attivare da subito le cabine di regia fra tutti i soggetti interessati per gestire al meglio, nel rispetto delle priorità di legge, le risorse disponibili” indica Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
Detto dell’emergenza idrica, che sta generandosi in Sicilia, il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche parte dalla Sardegna, dove la crisi d’acqua non si attenua: i bacini sono al 50% del riempimento; rispetto al 2023 mancano 440 milioni di metri cubi ed il deficit rispetto alla media degli ultimi 14 anni è del 32% circa. Drammatica è la condizione degli invasi nell’Alto Cixerri, dove trattengono soltanto il 10,33% della capacità, seguiti dal serbatoio Maccheronis al 16,94% e da quelli dell’Ogliastra a poco più del 28%.
In Basilicata, gli invasi contengono il 40% d’acqua in meno rispetto all’anno scorso; in Puglia il deficit sale addirittura al 44%!
In Campania, il fiume Volturno, specialmente nelle sezioni a monte, presenta livelli nettamente inferiori alle medie degli anni passati; ancora peggiore è la condizione del Garigliano il cui deficit sul 2023 si quantifica in 65 centimetri.
In Abruzzo, a Gennaio, le piogge si sono concentrate principalmente lungo la fascia collinare litoranea (provincia di Chieti: +40%), lasciando a secco i monti Aquilani e la Marsica (-41%). Nella diga di Penne rimangono solamente 1.250.000 metri cubi d’acqua, mentre sui rilievi la neve è presente soltanto alle quote più alte e sui versanti in ombra dei massicci della Maiella e del Gran Sasso, lasciando desolatamente brulli i restanti territori montani.
Sul Lazio, le piogge di inizio d’anno sono state minime: sulla Capitale, dal primo di Gennaio ad oggi, sono caduti solo 21 millimetri mentre, negli scorsi 18 anni, la media del mese si aggirava su mm. 76: attualmente, quindi, il deficit è di oltre il 72% e la temperatura media è stata superiore di 2 gradi e mezzo al consueto. Il fiume Tevere, nonostante un aumento nel tratto romano, registra una portata pressoché dimezzata rispetto alla media del periodo; calano anche l’Aniene e, seppur di poco, il Velino nel Reatino ed il Liri in Ciociaria, mentre resta stabile la Fiora nella Tuscia.
Anche in Umbria le piogge sono finora scarse nel 2024 (mm.30 ca.) e stanno condizionando lo stato dei corpi idrici superficiali: oltre al lago Trasimeno, in sofferenza idrica da oltre un anno (il livello idrometrico continua a segnare -cm. 138 contro una media mensile di -cm. 57), arrancano anche i bacini fluviali con gli alvei di Nera, Topino, Paglia, Chiascio, che stanno peggio dell’anno scorso.
Nelle Marche contrazioni minime si registrano nei livelli dei fiumi Potenza, Esino e Sentino, mentre quelli di Tronto e Nera registrano una sostanziale invarianza; confortano i volumi trattenuti dalle dighe (46,52 milioni di metri cubi d’acqua), perché rimangono superiori agli anni passati.
Le portate dei fiumi della Toscana sono tutte ampiamente sotto la media degli scorsi 20 anni: Serchio al 34%; Sieve al 31%; Arno al 36%; Ombrone al 14%.
In Liguria non c’è praticamente neve ed i livelli dei fiumi stanno rapidamente calando, soprattutto quelli di Entella e Magra.
In Emilia-Romagna è esemplare la rapidità, con cui la Secchia è scivolata al di sotto della portata minima storica: attualmente nel tratto modenese, il fiume, già osservato speciale per i rischi alluvionali, ristagna a mc/s 0,46 di portata, cioè quasi 2 metri cubi al secondo in meno, rispetto al record finora minimo (mc/s 2,32). Tutti i fiumi della regione sono in secca con deficit maggiori nei bacini centro-orientali (Savio al 5,95% della portata media!) rispetto a quelli più occidentali (portata della Trebbia praticamente dimezzata rispetto al consueto del periodo); se in altitudine manca la neve, sono i territori romagnoli a registrare i maggiori scarti negativi in termini di precipitazioni nei mesi autunno-invernali: sulle pianure tra Conca e Lamone a Sud della foce del Reno, da Ottobre ad oggi, sono caduti solamente circa 200 millimetri di pioggia (fonte: ARPAE).
In Veneto, le precipitazioni di Gennaio sono state superiori del 40% alla media con il maggiore surplus registrato sui bacini dei fiumi Lemene (+78%) e Sile (+73%), nonché sulla pianura tra Livenza e Piave (+68%); nonostante la terza decade eccezionalmente calda (+4,5° sulla media) e la quasi assenza di nevicate nella seconda metà del mese, lo spessore nevoso è basso, ma nella norma. I livelli di falda, fatta eccezione per l’alta pianura veronese, dove persiste un deficit significativo, risultano nella media. Per quanto riguarda le portate dei fiumi, sono in calo quelle di Adige, Livenza, Muson dei Sassi, Brenta e Bacchiglione; pressoché invariato il Piave ed in crescita il Cordevole (fonte: ARPAV).
In Lombardia il fiume Adda continua a calare, pur mantenendo una portata ben superiore allo scorso biennio; le riserve idriche, nonostante gli abbondanti volumi d’acqua immagazzinati dai laghi, sono inferiori del 14,2% alla media del periodo, a causa del 35% di neve che manca in quota.
In Piemonte, il mese appena trascorso è stato secco (-25% di pioggia) specialmente sui bacini settentrionali dei fiumi Toce (-51%), Ticino (-59%), Orco (-44%) e Sesia (-41%), che a fine Gennaio risultava quella maggiormente in crisi insieme al Tanaro, la cui portata continua ad abbassarsi ed attualmente vede scorrere oltre il 70% d’acqua in meno rispetto alla media; calano Varaita e Stura di Demonte (fonte: ARPA Piemonte). La neve è ovunque poca (indice Snow Water Equivalent: -35%), ma è particolarmente scarsa sul Piemonte Meridionale (indice SWE: -86%).
Stante l’attuale congiuntura idrica, anche il fiume Po subisce un ulteriore arretramento, che lo allontana sempre più da una condizione di normalità: a Boretto, la portata scende addirittura al di sotto dei minimi storici mentre verso il delta, a Pontelagoscuro, il deficit si attesta “solo” al 37% circa.
In Valle d’Aosta, nei bacini della bassa valle, l’indice SWE è ai minimi storici, mentre nell’alta valle e nelle valli di Rhemes, Valsavarenche e Valgrisenche è nella norma; tra fine Gennaio ed inizio Febbraio, però, il manto nevoso è andato assottigliandosi, complici l’assenza di precipitazioni e temperature davvero anomale: ad Aosta si sono sfiorati i 24 gradi di massima e temperature superiori ai 20 gradi si sono avvertite in molte altre zone della regione. Calano i livelli della Dora Baltea mentre restano costanti i deflussi del torrente Lys (Fonte: Centro Funzionale Regionale Valle D’Aosta).
Infine, nonostante un progressivo abbassamento dei livelli lacustri, ad eccezione di quelli del Benaco, la risorsa idrica contenuta negli invasi del Nord Italia resta abbondante: solamente il lago d’Iseo ha un livello più basso rispetto alla quota normale di questo periodo (-cm.35).