VERONA – 100 custodi per 100 vitigni, la Biodiversità Viticola in Italia, questo il titolo del nuovo libro di G.R.A.S.P.O. che racconta le più belle storie di conservazione del nostro originale patrimonio ampelografico, dalle Alpi alla Sicilia.
“Il più grande vantaggio competitivo del vino italiano prodotto con uve autoctone è che nessun altro può imitarlo e produrlo. L’importanza della diversità genetica assume una dimensione maggiore mentre affrontiamo il cambiamento climatico e discutiamo di protocolli per la sostenibilità. Nascosto da qualche parte tra i vasti vigneti d’Italia c’è un’uva più adatta a resistere alla siccità, al caldo, all’umidità o qualunque altra sfida possa presentarsi”. Conclude così Monica Larner, notissima firma italiana per Robert Parker Wine Advocate, la sua autorevole presentazione di questo libro.
“Se è vero che l’Italia rappresenta il paese del vino con il maggior numero di vitigni e quindi con la massima espressione di biodiversità viticola, potrebbe sembrare inutile o superfluo continuare a ricercare ulteriori testimonianze di vitigni dispersi nella sua storia, dichiara Luigi Moio, nella sua veste di presidente dell’organizzazione internazionale della vite e del vino (OIV), è però altrettanto vero che questa diversità è oggi minacciata da un’emergenza climatica che rischia di portare ad una pericolosa omologazione dei vini privandoli delle loro principali peculiarità distintive. Oggi è ancor più necessario riuscire a ricollegare sempre il vino al suo territorio d’origine. Se un vino non riesce a rendere riconoscibile la sua origine perde gran parte della sua forza anche a livello commerciale”
La biodiversità della vite è quindi a tutti gli effetti una risorsa culturale (e non solo colturale) dell’Italia. La diversità biologica della vite coltivata, risultato di migliaia di anni di selezione e determinata dalle mutazioni, dalla ricombinazione genica e dall’effetto delle pressioni selettive operate dal clima e dall’uomo, è un’eredità che la natura e i nostri antenati ci hanno lasciato e che non può essere ricreata in laboratorio: una volta distrutto questo capitale non potrà essere ricostituito e sarà perso per sempre.
“Se si vuole conoscere la storia di un territorio viticolo attraverso le vicende che hanno accompagnato l’affermazione dei suoi vini, sottolinea Attilio Scienza, è necessaria una riflessione che parta dai suoi vitigni originali, perché solo attraverso questi è possibile capire la storia degli uomini, della loro cultura materiale, della loro evoluzione culturale, dei cambiamenti climatici e del sistema sociale in genere. I vitigni infatti sono gli elementi stabili per una infinità di generazioni di viticoltori: gli uomini muoiono ma i nuovi abitanti, pur aggiornando le abitudini, mantengono e spesso incrementano i vitigni dei loro predecessori.
L’attuale crisi della biodiversità nelle specie vegetali in genere è stata definita la sesta estinzione e rappresenta solo un aspetto della attuale tendenza alla semplificazione delle differenti manifestazioni della vita. dove purtroppo la monocultura della mente è più devastante di quello biologica.
Conservare la biodiversità non significa tuttavia mantenere le varietà di vite in una collezione, ex situ, dove raccogliere come in un museo i genotipi a rischio di scomparsa ma, per le profonde connessioni tra vitigno antico e cultura del luogo che lo ha selezionato e coltivato fino ad ora, queste varietà devono ritornare ad essere le protagoniste dello sviluppo agricolo ed economico di quelle popolazioni.
Un vitigno autoctono smette di essere una curiosità biologica e diventa cultura nello stesso momento in cui esce da una collezione ampelografica e ritorna ad avere un rapporto con lo spazio.
L’italia ha una grande responsabilità nei confronti della cultura viticola europea, quella di custodire il senso della storia che è insito nella tradizione, di mantenere vivo quel rapporto che esiste tra universalità del mito e tradizione, dove i segni tangibili dei simboli sono veicolati dai vitigni antichi, dalle persone e dai luoghi che ce li fanno rivivere”.
Possiamo dire che proprio sull’onda di queste autorevoli riflessioni parte il nuovo racconto di G.R.A.S.P.O., ovvero Gruppo di Ricerca Ampelografica per la Salvaguardia e la Preservazione dell’Originalità e la biodiversità viticola. G.R.A.S.P.O. nasce da un’idea di tre enologi Aldo Lorenzoni, Luigino Bertolazzi e Giuseppe Carcereri de Prati con la passione per la ricerca attiva sul fronte del recupero di antichi vitigni abbandonati nella convinzione che la biodiversità possa essere una risorsa importante per il futuro della viticoltura, sia in chiave di cambiamento climatico che per una migliore e più dinamica comunicazione delle singole identità territoriali ed oggi coinvolge numerosi professionisti e viticoltori sensibili di tutta Italia.
L’azione di G.R.A.S.P.O., anche grazie al supporto iniziale di tanti amici con cui si condividono sensibilità, visioni e quando possibile progettualità, si è sviluppata prima nell’ambito del territorio veneto ed in particolare in alta Lessinia verificando con rilievi sul campo e microvinificazioni le peculiari caratteristiche dei vitigni considerati perduti per testarne le potenzialità, sia in purezza che come supporto ai vitigni storici.
Una operatività che si è poi allargata anche ad altre realtà in tutta Italia identificando varietà ed areali dove il recupero di una più forte attenzione alla biodiversità viticola potesse essere strategica per delineare nuove prospettive produttive in un contesto oggi piuttosto omologato.
E’ iniziato così un intenso percorso di incontri e confronti con i responsabili dei centri di ricerca ed i più autorevoli ampelografi per individuare quali fossero oggi gli areali, le storie ed i vitigni più interessanti.
Il risultato di questi primi anni di lavoro, di rilievi e di vinificazioni è stato raccontato in alcune nostre precedenti pubblicazioni e testimoniato su riviste di settore e social dedicati.
Racconti dove forse per la prima volta accanto all’identificazione, alla storia, alle caratteristiche del vitigno e del vino vengono valorizzate le persone, che chiamiamo custodi. Una esperienza di oltre 100.000 chilometri in tanti territori italiani, incontrando tantissimi produttori, eseguendo numerosissimi prelievi di materiale vegetale per stabilire l’identità dei vitigni, scoprendo ad oggi 15 nuove varietà di uva e realizzando solo nell’ultima vendemmia oltre 100 microvinificazioni.
Un lungo viaggio di incontri e scoperte che abbiamo voluto raccontare in questo testo, che non può essere esaustivo e non vuole neanche essere un mero catalogo di aziende e vitigni a rischio estinzione ma una esperienza immersiva in questo mondo spesso dimenticato che tocca tutte le regioni italiane.
Un viaggio ricco di storie originali spesso caratterizzate da autentico eroismo ma anche un racconto di quanto istituzioni, centri di ricerca ed ampelografi di tutta Italia hanno fatto per identificare e preservare questi vitigni.
Un testo organizzato anche in capitoli territoriali cercando di contestualizzare dove possibile aziende e cultivar nei relativi territori, finalizzato comunque a far conoscere per ogni vitigno a rischio estinzione incontrato nel percorso di ricerca, la persona o l’azienda che di questo vitigno è diventata custode.
Fortemente convinti che la vera sostenibilità in vigna parte dalla tutela e dalla salvaguardia della biodiversità viticola di ogni territorio, abbiamo inoltre inserito nel testo anche alcune storie di sindaci, di piccole comunità, di associazioni ed aziende che condividendo questo nostro pensiero hanno collettivamente e concretamente contribuito alla salvaguardia della biodiversità viticola locale anche tutelando vecchie vigne, storici sistemi di allevamento ed ancestrali pratiche agricole.
Un particolare ringraziamento va a chi ci ha sostenuto in questa avventura in particolare a Riccardo Velasco del CREA, Angelo Radica per Città del Vino, Davide Ronca per CODIVE, Guido Giacometti per Siquria, Francesco Liantonio per Triveneta certificazioni, Giuseppe Liberatore per Valoritalia, Daniele Maroldi per Bcc Valpolicella Benaco e Giancarlo Bersan per BCC Vicentino Pojana Maggiore, credendo nel progetto e nel suo messaggio.
Vitigni dal passato quindi ma per possibili vini del futuro. Il libro può essere richiesto a Luigino Bertolazzi alla sua mail luigino@graspo.wine