CESENA – Il mondo dei giovani è in forte evoluzione e cambiamento e soprattutto presenta una variabilità estrema. Manca un approfondimento sui suoi orientamenti di consumo e tuttavia le statistiche dicono chiaramente che i giovani mangiano poca ortofrutta. È per questo motivo che CSO Italy, unitamente ad Assomela, ACI e Fruitimprese, ha voluto saperne di più commissionando una ricerca specifica all’Istituto Piepoli di Milano, non tanto per quantificare i consumi dei giovani ma per capire cosa il settore ortofrutticolo deve fare per parlare con loro nel giusto modo.
La ricerca, che offre molti spunti di riflessione, è stata presentata oggi a Bologna al Portici Hotel di via dell’Indipendenza da Francesca Ansaldi dell’Istituto Piepoli e dal direttore di CSO Italy Elisa Macchi. Il dato di partenza è che negli ultimi anni le abitudini alimentari si sono diversificate. È aumentata l’offerta di cibi, è cresciuto anche l’influsso di culture alimentari diverse e si hanno indubbiamente a disposizione più informazioni sui vari regimi alimentari.
Quello che si mangia – riporta la ricerca – è spesso anche l’espressione di un determinato stile di vita. A maggior ragione per i giovani, che portano in sé tratti di curiosità, sperimentazione, sensibilità e attenzione al contesto. Da una parte il giovane cerca uno stile alimentare corretto ed equilibrato, dall’altra si concede momenti in cui si abbandona al cibo come piacere. Ma prevale ampiamente il primo atteggiamento. E cresce la quota dei crudisti, vegani e vegetariani tra i ragazzi tra i 14 e i 20 anni.
Mangiare bene è un piacere (per un ragazzo su due), il made in Italy è un valore (per il 41% del campione). Il 47% dei ragazzi vorrebbe imparare ad alimentarsi meglio di come sta facendo. Ed è qui che entra in ballo l’ortofrutta.
Il 42% dei giovanissimi (14-20 anni) e quasi la metà dei più grandi (20-26 anni) dichiarano di mangiare frutta regolarmente, quasi tutti i giorni, mentre meno appeal ha la verdura, che scende al 34% nella fascia dei giovanissimi.
Nella scelta di consumo di almeno la metà dei giovani (uno su due mangia frutta e verdura perché è buona e fa bene), contano molto i modelli positivi: le abitudini familiari, i modelli di riferimento (testimonial, allenatori, esperti), quelli educativi (scuola).
I giovani si disaffezionano nel momento in cui non trovano la qualità e quando la modalità di consumo è difficile da gestire così come quando ravvisano dei prezzi non alla loro portata. C’è più di un 20% di giovani che ha ridotto il consumo di frutta.
L’immagine che i ragazzi restituiscono della frutta e verdura è positiva, ancorché tradizionale: è sana (per più del 70% dei giovani), adatta a tutti (più del 60%), ma non molto trendy (22%).
Su questo può giocare molto la leva della comunicazione. La ricerca evidenzia in modo netto i driver da valorizzare e le barriere da superare. Gli aspetti positivi sono il gusto, le buone abitudini alimentari, i modelli di riferimento, la sostenibilità. Gli ostacoli attuali sono dati soprattutto dalle influenze esterne (tra cui l’aumento del prezzo) e lo scarso adattamento ad alcuni stili di vita (“la frutta è scomoda per l’outdoor’).
Nell’idea degli stessi giovani, una promozione efficace del consumo di frutta e verdura potrebbe partire dal ricorso a testimonial autorevoli: sportivi, influencer, personaggi dello spettacolo, tramite il mezzo di comunicazione più apprezzato dalla GenZ che è quello dei social. Se il “setting” e i testimonial per la promozione di consumo dell’ortofrutta devono essere autorevoli, credibili e capaci di comunicare (e non è escluso che possano provenire dal mondo social), il mood e lo stile devono concedersi un tono leggero, divertente, sdrammatizzante.
Il presidente di CSO Italy Paolo Bruni ha sottolineato al riguardo: “Considerando il progressivo calo dei consumi nazionali che negli ultimi due anni, 2022 e 2023, hanno inciso per un complessivo -15%, abbiamo voluto realizzare una ricerca orientata ad invertire la rotta dei consumi con riguardo soprattutto alla fascia dei giovani consumatori. La prima cosa che emerge e su cui agire è una comunicazione corretta e utile a far comprendere che il consumo di frutta e verdura produce all’organismo umano salute e benessere pur incidendo sulla spesa complessiva familiare per un modestissimo 3,7%”.
Alla tavola rotonda seguita alla presentazione della ricerca sono intervenuti questa mattina a Bologna il presidente di ACI Davide Vernocchi (“L’opinione pubblica ci rema contro e non vuole capire che è necessario pagare il giusto prezzo per un prodotto della natura, che non teme confronti con l’ortofrutta straniera in termini di salubrità. Ben vengano studi come questo che ci potranno orientare nelle scelte del prossimo futuro”), il nuovo direttore di Assomela Giovanni Missanelli (“Prezzi e sostenibilità non sono valutati in maniera corretta, ma per cambiare le cose dobbiamo raccontare al consumatore tutto il lavoro che sta dietro alla produzione ortofrutticola”), e il direttore di Fruitimprese Pietro Mauro (“Per ribaltare questa situazione che vede i giovani mangiare poca ortofrutta bisogna puntare sui driver che i giovani seguono di più a partire dal mondo dello sport, ma non ci possiamo aspettare che aumentino i consumi nelle famiglie che più hanno risentito dell’aumento dell’inflazione), mentre le conclusioni sono state tratte dall’assessore regionale all’Agricoltura dell’Emilia Romagna Alessio Mammi, che ha sottolineato il prezioso lavoro svolto da CSO Italy e l’influenza dei social sulle nuove generazioni che non sono meno consapevoli di quelle che le hanno precedute ma semplicemente si rivolgono a mezzi di comunicazione diversi.
Il presidente Bruni ha ringraziato un pubblico qualificato, che ha visto la presenza dei rappresentanti di Coldiretti, Confagricoltura e CIA, oltre che delle centrali cooperative, dei vertici dei Mercati di Bologna e Rimini, delle imprese associate a CSO Italy, nonché della GDO.