VERONA – I vini no e low alcol? Trend in crescita, aziende italiane al passo con i tempi e attente a nuove tendenze, ma servono regole precise. E poi: ecco chi sono i nuovi consumatori e cosa deve fare l’Europa per sostenere il vino italiano.
Ne abbiamo parlato durante il Vinitaly con Chiara Soldati, presidente del Comitato Aspetti Sociali Alcol di Federvini e titolare de La Scolca, azienda che da quattro generazioni, rappresenta un’eccellenza nel Gavi DOCG, territorio nel quale è situata e che ha contribuito a valorizzare nel panorama enologico internazionale. Acquistata dalla famiglia Soldati nel 1919, l’azienda è diventata un simbolo di qualità e tradizione nel mondo del vino
“Momento difficile per il mondo del vino – ha detto Chiara Soldati ad agricultura.it – , perché stiamo affrontando un grande cambiamento, sia normativo, sia di ri-concentualizzazione del nostro mondo. L’Europa ha destabilizzato noi produttori a dicembre, quando a due settimane dall’entrata in vigore della normativa sull’etichettatura ha cambiato i decreti attuativi, tra l’altro con una normativa obsoleta, visto che il trend sarà quello di passare dal QRCode ai pittogrammi, per una comunicazione più diretta e più semplice”.
Una normativa per i vini senza alcol
“Stiamo lavorando molto sul fronte consapevolezza del consumo del vino ed alcolici in generale – spiega Soldati -, e questo è un lavoro importante di cui noi produttori siamo consapevoli, dove ci aspettiamo anche per i low alcol e i no alcol, una normativa chiara, efficace, anche per i produttori italiani di queste categorie.
“Anche io produco vino low alcol”
La vacatio legis non è aiuta; è necessario che in Italia ci sia una normativa chiara e precisa, poiché abbiamo visto che i territori vocati per i low alcol sono molti in Italia, in Veneto e in Piemonte. Trovo sia importante dare alle aziende la possibilità di scegliere, nella loro policy aziendale, se farli o non farli, ma dare opportunità di farlo con dei binari chiari normativi. Io ho un low alcol, nonostante abbia un’azienda di 105 anni, è un’azienda moderna che guarda al futuro, alle nuove generazioni. Dall’anno scorso, abbiamo un low alcol naturalmente ottenuto – conferma -; è un grande trend in crescita e opportunità per le aziende, entrare in un segmento nuovo che cresce dal 3 al 5% per anno, e la prospettiva è di una crescita dell’8%” dice Chiara Soldati.
I nuovi consumatori
“I dati di chiusura hanno riscontrato un calo dell’0,8% in valore del vino italiano come export, è momento di stallo, dovuto alla geopolitica che non aiuta, alle incertezze economiche con l‘inflazione molto alta nella zona Europa ma anche Stati Uniti. L’introduzione di nuove generazioni di consumatori, la generazione Z che deve essere preparata ed educata al consumo consapevole, ma anche alla cultura del vino, che non è un bevanda ma porta con se un background importante e soprattutto – evidenzia la Soldati – dobbiamo pensare ai nuovi mercati, mi accorgo di una differenza di approccio e prospettive fra Est e Ovest del mondo, dove vediamo un’Europa che avanza lentamente, Usa rimane grande mercato di riferimento ma con problematiche interne ed economiche che iniziano a farsi sentire. Invece i nuovi mercati i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) Africa e Asia che sono dei nuovi palcoscenici per i nostri vini.
Ottimismo per il vino italiano
Il mio messaggio vuole essere positivo: questo è un momento di grandi opportunità per il vino italiano, per riproporsi unito per le nuove sfide, lavorare con le istituzioni ai rapporti bilaterali con le nuove frontiere del vino, investire sulla nostra cultura del vino, combattere con l’Europa perché continui a darci gli Ocm e che non ci sia una visione ottusa e punitiva nei confronti dei vini e spirits, ma che si ragioni con regole chiare dove noi imprenditori vinicoli siamo i primi ad essere responsabili nella comunicazione, come Federvini ha fatto, con un codice di comunicazione che comunichi la responsabilità al consumo.
E soprattutto lavorare per i nostri territori, perché i dati Nomisma 2023, commissionati da Federvini, hanno dimostrato come il mondo del vino e il mondo della filiera Federvini contribuisca a posti di lavoro, al grande indotto economico e indotto nei territori. I nostri territori sono socialmente utili, diamo posti di lavoro e manteniamo tessuti rurali, e stiamo lavorando per impedire coltivando i territori per impedire disastri idrogeologici” conclude Soldati.