di Giuseppe Milano, segretario di Greenaccord
FIRENZE – Raccontare il mondo che cambia è davvero difficile, travolti da continui sconvolgimenti geopolitici e mutamenti demografici, ma è sempre più urgente farlo – e farlo nei dettami della corresponsabilità e della verità – cercando di tenere insieme la sfera sociale e quella ambientale, nell’evidenza che la scienza e le conoscenze in rapida evoluzione non saranno sufficienti a salvare il pianeta se chi lo abita non assumerà, in piena coscienza, una diversa consapevolezza sulla finitezza delle risorse naturali e soprattutto su quanto è intima la nostra relazione con gli ecosistemi.
Giunti alle battute conclusive del 100esimo congresso mondiale della Società internazionale delle Scienze del Suolo, è possibile evidenziare alcuni dei risultati più interessanti e sfidanti di questo appuntamento che ha richiamato a Firenze quasi 1.000 studiosi da tutto il mondo.
Per prima cosa, il suolo continua ad essere – soprattutto in Italia – una risorsa naturale per lo più sconosciuta a cittadini, imprenditori e amministratori, pur essendo alleato strategico nel contrasto ai cambiamenti climatici e fattore decisivo per un’agricoltura sostenibile e di qualità. I suoli sono migliaia, perché migliaia sono i luoghi del mondo che abitiamo, ciascuno con propri profili e orizzonti, nonché tipizzati da miliardi di batteri e microrganismi – ne conosciamo solo il 4% – che nella loro biodiversità supportano integralmente il nostro benessere e la prosperità dell’umanità.
Negli ultimi anni, pur essendo stati realizzati migliaia di paper scientifici sul suolo, la pedologia – ossia la scienza del suolo – non è mai entrata nei processi decisionali e culturali dei Paesi più industrializzati del mondo, con la conseguenza che oggi occorre investire enormemente in diversi modelli di istruzione, di educazione e di formazione, con un approccio interdisciplinare, perché “senza suoli sani non c’è vita sana”.
La necessità di affiancare alle scienze del suolo, dunque, le scienze sociali, per una interpretazione più efficace della complessità contemporanea tale da trasformarla in un’opportunità per uno sviluppo territoriale inclusivo e generativo, è stato altresì evidenziato da numerosi scienziati che hanno rimarcato, inoltre, l’urgenza di favorire un diverso protagonismo delle comunità locali perché siano sinceri custodi di questa risorsa naturale non rinnovabile avviando contestualmente adeguate pratiche di monitoraggio e gestione.
In tal senso, le tecnologie digitali di ultima generazione, dai sensori all’intelligenza artificiale, sono state al centro di diverse sessioni di lavoro, evidenziandone l’indubbia utilità, per la diagnostica della multifunzionalità dei suoli, ma anche il rischio che sostituiscano progressivamente la capacità umana di osservazione in campo (che dovrebbe rimanere prioritaria). I fattori di rischio, tuttavia, sono anche di natura fisica e biologica: esasperati dall’accelerazione dei cambiamenti climatici, con eventi estremi sempre più intensi e frequenti (quali alluvioni e frane, incendi e burrasche di vento), i territori sono sempre più vulnerabili ed esposti a diverse manifestazioni di degrado come l’erosione, la salinizzazione, la desertificazione, la cementificazione. A tali forme di degrado sono state dedicate diverse sessioni che hanno sia fotografato le mutevoli condizioni locali sia le politiche che andrebbero promosse per la riduzione e la compensazione di queste fenomenologie per accrescere la qualità urbana.
Le città, infatti, restano le grandi protagoniste della transizione energetica e della conversione ecologica, nell’evidenza che, pur occupando appena il 3% della superficie terrestre, ospiteranno entro pochi decenni almeno 10 miliardi di persone, eterogeneamente distribuite nei diversi Paesi del mondo, con una particolare preponderanza nei Paesi in via di sviluppo che a differenza di quelli più industrializzati non sono soggiogati dalle piaghe dello spopolamento, della denatalità e dell’aumento dell’età media della popolazione residente.
Ulteriore argomento ampiamente discusso, nella consapevolezza che si debbano tenere in considerazione anche i paesaggi boschivi, i ghiacciai e i suoli marini, è quello della biodiversità. A poche ore dalla nuova Giornata mondiale della Biodiversità, infatti, è stato rilevato come sia indispensabile preservarne gli equilibri, oggi fortemente minacciati dai cambiamenti climatici, sospingendo le esperienze virtuose di stoccaggio di anidride carbonica, di gestione della sostanza organica in riduzione, di diversificazione delle foreste e più complessivamente di una fruizione rispettosa dei nostri habitat perché in essi è scritto il nostro presente e il nostro futuro.