PALERMO – Questi della prima metà di giugno avrebbero dovuto essere giorni di fermento, preparativi, attesa e speranza. Quest’anno, invece, tra i rilievi e le valli delle Basse Madonie le mietitrebbie resteranno ferme, qui il silenzio prenderà il posto del fragore laborioso dei macchinari. E la speranza, magari, di un buon prezzo è già svanita.
Cacciata via dalla certezza di un raccolto pari a zero. I campi di questa zona sono stati tra i più colpiti dalla siccità. Centinaia e centinaia di ettari, a perdita d’occhio, quasi totalmente brulli. Anche quelli dedicati ai foraggi e i pascoli naturali, un durissimo colpo anche per la zootecnia.
“Dalle zone di Alimena e Bompietro e in genere dalle Madonie – dichiara Camillo Pugliesi, presidente della Cia Sicilia Occidentale – provengono alcuni tra i migliori grani duri siciliani, anche biologici, ma la quasi totale assenza di pioggia ha avuto la meglio. Quest’anno non c’è raccolto, neanche di foraggi, a fronte invece di tutte le spese affrontate dai produttori. Spese tra l’altro lievitate parecchio rispetto agli altri anni. Nessuno può permettersi di non incassare un euro dopo averne spesi a migliaia, serve un intervento di sostegno immediato. C’è il serio rischio di chiusura di tante aziende e di perdita di un ricchissimo patrimonio cerealicolo e zootecnico”.
“Ho 82 – racconta Antonio Li Puma, produttore cerealicolo e allevatore – ho fatto sempre l’agricoltore ed è la prima volta che mi trovo davanti a una situazione del genere, una siccità mai vista. Non soffrono solo le piante, ma anche gli animali… neanche i cinghiali selvatici trovano cibo. Abbiamo affrontato tutte le spese, ma non raccoglieremo nulla, non ci sarà un chicco di grano. È la morte dell’agricoltore”.
“Mai vista un’annata così pessima – gli fa eco un altro produttore e allevatore, Giovanni Folisi – per seminare i miei campi a grano e foraggio ho speso in tutto 30 mila euro e non incasserò nulla. Anzi devo adesso comprare il fieno per gli animali, il cui prezzo è triplicato: per una rotoballa se prima si spendevano 25 euro ora ce ne vogliono 80-100. A parte i prezzi, è comunque una situazione insostenibile, perché non abbiamo acqua da dare al nostro bestiame. Avevo una sessantina di capi, ho dovuto venderne una trentina. Non so se cercare di resistere ancora o chiudere”.
Tra i cereali, quelle poche spighe che sono riuscite a spuntare sono letteralmente vuote, non vale quindi la pena trebbiare: “Avremmo dovuto avere piante anche alte un metro – spiega Rosario La Tona, responsabile del Centro di assistenza agricola di Bompietro – e invece arrivano a malapena a 30 centimetri e quelle poche spighe spuntate sono vuote. È un disastro, è un prodotto che non può essere nemmeno trebbiato”.
“Questo areale – aggiunge Vincenzo Valenti, referente Cia Basse Madonie – è stato particolarmente colpito dalla siccità dopo il gravissimo incendio dell’estate scorsa che ha devastato centinaia di aziende, una catastrofe dopo l’altra. La maggiore criticità al momento riguarda il comparto zootecnico, rischiamo di perdere un patrimonio costruito negli anni e che già ora sarà difficile da ricostruire”.