In dieci anni 50 pecore mangiate dai lupi. Lo sfogo di un allevatore padovano

PADOVA – Dieci anni in malga e quasi una cinquantina di animali persi a causa del lupo. Angelo Nicolin, allevatore di Confagricoltura Padova di San Pietro in Gu, gestisce la malga Camporossignolo e la malga Bertiaga sul Monte Corno, nel Comune di Lusiana sull’Altopiano di Asiago, e anche quest’anno ha già dovuto affrontare due assalti dei grandi predatori, riuscendo però a farli scappare. “Ma non ce la faccio più. O si trova un sistema per eliminare i lupi, o lascio l’alpeggio e torno a casa”.

Sono parecchi gli allevatori dell’Alta Padovana che d’estate portano gli animali sull’Altopiano di Asiago e alcuni di loro gestiscono una malga, anche con annesso un agriturismo, producendo formaggi. Un’attività che però, da alcuni anni, è resa sempre più difficile dall’aumento abnorme dei lupi. In Veneto, secondo i dati della Regione, nel 2022 le predazioni sono state 823, opera di almeno 15 branchi che si aggirano in oltre il 20% del territorio. Tre sono stanziali sull’altopiano di Asiago: solo nella zona del Monte Corno, nell’agosto 2023, ci furono cinque predazioni in 45 giorni.

“Io sono arrivato a malga Camporossignolo dieci anni fa. E sono stato il primo a subire la predazione: 22 pecore e un vitello sbranati – dice Nicolin, che ha cento vacche da latte a Malga Camporossignolo, dove gestisce anche un agriturismo e uno spaccio di formaggi, oltre a 50 manze e alcuni cavalli a malga Bertiaga -. Nessuno credeva che fosse stato il lupo. Ma poi ogni anno i predatori attaccavano e io perdevo manze, vitelli, cavalli e pecore. E gli altri allevatori lo stesso. L’anno scorso ho trovato morte una puledra di sei mesi, una vacca gravida e una in lattazione. Che si traduce in perdita in produzione di latte e di formaggi. Quest’anno, appena arrivati, abbiamo subito due assalti. Il mio vicino, sabato scorso, ha avuto alcuni animali sbranati ed è tornato a casa. Io, se non si fa qualcosa, seguirò il suo esempio. E non dicano che è colpa nostra perché non recintiamo i pascoli, cosa impossibile data la conformazione della malga. E comunque i lupi hanno dilaniato perfino una rete elettrificata. Non hanno paura di nulla. Servono decisioni concrete, e soprattutto immediate: tre branchi sono troppi, bisogna abbatterli, o portarli altrove. Noi al prossimo attacco carichiamo gli animali e li riportiamo nelle stalle a San Pietro in Gu. Così addio alla produzione di formaggi e anche alla festa della transumanza”.

Enrico Piantella, segretario dei due uffici dell’Alta Padovana di Confagricoltura Padova: “Abbiamo parecchi allevatori che vanno in alpeggio sull’Altopiano e la preoccupazione è alta – sottolinea -. Non tutti hanno ancora caricato gli animali, perché siamo a inizio stagione, ma la voce dell’attacco del lupo che c’è stato nei giorni scorsi si è sparsa e c’è il timore soprattutto per chi ha le manze, perché sono le prede più piccole e quindi più facili. Perdere animali in lattazione non è economicamente sostenibile ed è per questo che, se dovessero accadere altre predazioni, molti allevatori riporterebbero gli animali a casa. E sarebbe uno smacco sia per il territorio montano, che senza i pascoli e le attività di alpeggio sarebbe in abbandono, sia per l’attività di allevamento, che d’estate in montagna porta a produrre burro e formaggi di qualità e a diversificare il reddito con l’agriturismo”.

Conclude Piantella: “Da anni ripetiamo che i sistemi tradizionali di contenimento non sono sufficienti ad arginare il problema, perché il numero dei lupi si è moltiplicato in modo costante.  Perciò occorre una presa politica forte, con tavoli dove fare il punto sulla popolazione dei lupi presenti nel territorio e prendere le relative contromisure”.

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