Il ripristino natura passa a Bruxelles e diventa legge. Ecco le principali novità della normativa europea

Paesaggio della campagna Toscana

BRUXELLES – Via libera al regolamento sul ripristino della natura, l’insieme delle regole volte a riportare almeno il 20 per cento delle terre e dei mari europei allo stato originale entro il decennio.

Un’approvazione in via definitiva arrivato su filo di lana, all’ultimo momento utile, come voluto da una parte del Consiglio Ue, e con una maggioranza molto risicata, non tanto sul numero dei Paesi richiesti dal meccanismo di voto a maggioranza qualificata, quanto sulla percentuale di popolazione Ue rappresentata dai vari ‘sì’. Venti Paesi su 27 approvano il regolamento (di fronte a un numero minimo di 15), per una popolazione pari al 66,07 per cento (soglia minima al 65 per cento).

Nel voto che permette alla presidenza belga di turno del Consiglio dell’Ue di portare a casa un altro risultato, si registra però il voto contrario dell’Italia, che si unisce al mini-blocco dei Paesi del nord-est europeo che censura uno dei dossier più delicati del Green Deal europeo. Ungheria, Polonia, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia fanno mancare, al pari dell’Italia, il sostegno al provvedimento. Il Belgio, invece, sceglie la via dell’astensione.

Dal regolamento, in sostanza, viene stabilito che tutti gli habitat terrestri, lacustri, marini, fluviali in cattive condizioni,  dovranno essere recuperati al 30 per cento entro il 2030, con obiettivi vincolanti che salgono al 60 per cento entro il 2040 e al 90 per cento entro il 2050. Pulizia, bonifica, rimboschimento se e dove necessario, messa in sicurezza, sono tutte attività che ogni Stato membro dovrà portare avanti senza indugio. La priorità è data alle aree terrestri e marittime: il 20 per cento di queste dovrà essere strappata al degrado entro la fine del decennio.

In questo percorso di ripristino della natura gli Stati membri devono definire dei piani nazionali da presentare alla Commissione europea. Le strategie dovranno dimostrare come raggiungere gli obiettivi. I governo sono tenuti inoltre a monitorare e riferire sui loro progressi, sulla base di indicatori di biodiversità a livello dell’Ue.

Il regolamento stabilisce requisiti specifici per i diversi tipi di ecosistemi, compresi i terreni agricoli, le foreste e gli ecosistemi urbani. Gli Stati membri dovranno varare misure volte a migliorare due di questi tre indicatori: la popolazione delle farfalle di prato, lo stock di carbonio organico nei terreni minerali delle terre minerali delle terre coltivate e la quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ad alta diversità. A questo si aggiunge l’aumento della popolazione degli uccelli delle foreste e il contrasto alla cementificazione, altre due misure chiave del regolamento. Non dovrà esserci  alcuna perdita netta sugli spazi verdi urbani fino alla fine del 2030.

Gli Stati membri metteranno in atto misure volte a ripristinare le torbiere drenate e a contribuire a piantare almeno tre miliardi di alberi aggiuntivi entro il 2030 a livello dell’UE. Al fine di trasformare almeno 25.000 km di fiumi in fiumi a flusso libero entro il 2030, gli Stati membri adottino misure per rimuovere le barriere create dall’uomo alla connettività delle acque superficiali.

La Commissione europea tornerà sul regolamento nel 2033, data prevista per una valutazione dell’impatto delle nuove regole e i correttivi del caso, qualora fosse necessario. Attenzione sarà data in particolare ai settori agricolo, della pesca e della silvicoltura.

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