ROMA – “Vietare la produzione, la lavorazione e la vendita delle infiorescenze, ovvero dei fiori di canapa, equivale a mettere a rischio la tenuta di migliaia di imprese agricole, con particolare riferimento a quelle florovivaistiche, tagliando le gambe a un settore in grande ascesa, che vale diverse centinaia di milioni di euro e che impiega, nelle diverse fasi della filiera, circa 10.000 lavoratori, con una percentuale molto alta di giovani”.
Lo ricorda il presidente della Copagri Tommaso Battista, esprimendo soddisfazione per l’accantonamento di un emendamento del governo al cosiddetto “Ddl Sicurezza”, all’esame delle commissioni Giustizia e Affari Costituzionali della Camera, che va proprio in tale direzione.
“Nel ringraziare – prosegue – tutti i parlamentari che hanno accolto l’accorato appello della filiera canapicola a valutare nel dettaglio le molteplici e negative ricadute di un simile intervento, e nell’auspicare che il suddetto emendamento non veda la luce, ribadiamo che oggetto del divieto sono anche i fiori di canapa con un contenuto di THC inferiore allo 0,2%, che oltre a essere consentiti dalla normativa comunitaria sono privi di qualsivoglia efficacia drogante, come chiarito da una recente sentenza della Corte di Giustizia UE”.
“Al contrario, nelle infiorescenze canapicole sono presenti elementi non stupefacenti, quali cannabinoidi e terpeni, che rivestono una notevole rilevanza per i nuovi mercati della bioeconomia, con ricadute positive in termini di redditività e multifuzionalità; non a caso, parliamo di una coltura che vanta una tradizione secolare nel nostro Paese, il quale fino alla metà del Novecento era il maggior produttore comunitario e il secondo a livello mondiale di canapa, e che al momento conta diverse migliaia di ettari coltivati, con un’estensione che nell’UE è inferiore solo a quella della Francia”, fa notare il presidente.
“E’ del tutto evidente, quindi, che ci troviamo davanti a una presa di posizione di carattere ideologico; prova ne è il fatto che nel testo del disegno di legge, il quale peraltro si occupa di ben altri temi, ovvero la sicurezza pubblica e la tutela del personale in servizio, si mira a vietare addirittura il mero ricorso al simbolo grafico della pianta di canapa, il quale come noto viene utilizzato per le più disparate e innocue attività commerciali legate ai molteplici utilizzi della canapa, quali la bioedilizia, il biotessile e la biocosmesi”, rimarca Battista.
“Per questo, ribadiamo il nostro invito affinché ci si adoperi per avviare un confronto con tutti gli attori della filiera così da andare a colmare il vuoto legato all’applicazione della Legge 242/2016 per la promozione del settore, conditio sine qua non per sciogliere i tanti nodi normativi che gravitano intorno alla canapicoltura e andare in tal modo a rispondere alle richieste dei tantissimi produttori agricoli che vogliono operare nella piena legalità e nella tutela della salute dei consumatori”, conclude il presidente della Copagri.