Crisi senza precedenti per la nocciola del Piemonte. Colpa del clima, ungulati e parassiti

TORINO – La nocciola del Piemonte, quella tonda e gentile, è andata in crisi per colpa dei cambiamenti climatici – dopo due anni di siccità nei mesi scorsi si sono registrati eventi piovosi eccezionali – e anche della fauna selvatica e da insetti patogeni.

La presidente piemontese di Coldiretti, Cristina Brizzolari e il delegato confederale, Bruno Rivarossa, parlano di una “crisi senza precedenti” ed è per questo “che abbiamo chiesto alla regione Piemonte di dichiarare lo stato di emergenza per mettere in atto tutte le misure necessarie a sostegno del comparto”.

Un comparto che in provincia di Asti potrebbe registrare un calo della produzione che arriva al 90 per cento. In provincia di Alessandria, invece, “ad oggi la resa per ettaro è di circa 5 quintali, contro i 15 di media degli anni scorsi”, tanto che si stima una riduzione del 50% del raccolto. E stime negative arrivano anche dalla provincia di Cuneo dove “assistiamo ad un calo generalizzato”.

Il Piemonte, così, rischia di veder dimezzata la sua produzione ma rischia anche pesanti ricadute strutturali per il futuro. “Le rese non sono state all’altezza delle aspettative, compromettendo la sostenibilità economica delle imprese con il rischio di mettere in seria difficoltà l’intero comparto” ha evidenziato il presidente di Confagricoltura Piemonte, Enrico Allasia. Il timore è che “molte aziende dolciarie si rivolgano a produttori di altre regioni, se non di altre nazioni, per soddisfare le esigenze di mercato”. E la ricerca di alternative all’estero potrebbe avere ripercussioni negative sulla filiera locale: “I produttori rischiano di perdere non solo quote di mercato ma anche di vedere compromessi i loro sforzi per mantenere elevati standard di qualità e sostenibilità”. Le organizzazioni agricole sottolineano i possibili rischi di queste scelte: “Andando all’estero si possono trovare prezzi più bassi e una maggiore disponibilità di nocciole, ma le imprese potrebbero anche dover affrontare problemi legati alle condizioni lavorative di sfruttamento e agli standard di produzione meno rigorosi”.

Ma Allasia lancia un altro grido d’allarme: “Il prezzo di mercato, variabile dai 320 ai 420 euro/quintale, battuto nei giorni scorsi alla Fiera di Castagnole delle Lanze, non è sufficiente a ripagare le spese sostenute per la produzione e i rischi affrontati”. Non è un caso, allora, che, soprattutto in provincia di Cuneo, di fronte prospettive di guadagno così scoraggianti, alcuni coltivatori stiano seriamente valutando l’idea di abbandonare la corilicoltura e convertire i loro terreni in vigneti, una coltura ritenuta più redditizia nell’attuale contesto climatico.

Che fare, allora?

Tra le misure necessarie c’è anche, e forse soprattutto, il potenziamento della ricerca scientifica indirizzata verso l’analisi e la comprensione delle cause e dei fattori che stanno portando a questi risultati estremi”. La ricerca dovrebbe fornire le soluzioni per capire se il Piemonte resta una terra vocata per la corilicoltura. Il comparto, in dieci anni, ha avuto una crescita notevole in termini economici e di produzione, passando da 15 mila a quasi 28 mila ettari di superfici coltivate.

Poi, nell’ultimo triennio, si sono fatti sentire gli effetti negativi del cambiamento climatico. La siccità estrema e il mancato soddisfacimento del fabbisogno in freddo nel periodo invernale, unitamente alle abbondanti precipitazioni primaverili, che hanno contribuito ad accentuare i fenomeni di stress, amplificando così la cascola fisiologica e l’insorgere di alcune fitopatie, come la citospora, che normalmente colpisce i noccioleti più datati, ma nell’ultimo periodo, ha fatto registrare danni ingenti anche sulle piante più giovani, hanno compromesso il processo di impollinazione e crescita delle piante, danneggiando gravemente le produzioni.

Le organizzazioni agricole sottolineano anche la necessità di attivare misure strategiche per l’utilizzo di fondi del Psp (Piano strategico della PAC) e un maggiore supporto istituzionale per sostenere il mancato reddito dei coricoltori e incentivare l’investimento in tecniche di irrigazione più sostenibili e innovative. “Solo così sarà possibile invertire la rotta”.

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