ROMA – Cresce l’export di ortofrutta fresca dell’Italia nel primo semestre 2024, i dati Istat elaborati da Fruitimprese evidenziano una crescita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno del 5% in volume (1.818.378 tons) e del 3% in valore, che si attesta di poco al di sotto dei 2,8 miliardi di euro.
L’import tiene il passo con un +3,8% in volume, che supera di 330.226 tons l’export, e in valore con un incremento del 5,2%, con un saldo positivo della bilancia commerciale di 31,537 milioni di euro, in diminuzione del 63,5% rispetto al dato dello stesso periodo del 2023.
Dall’esame dei singoli comparti emerge un incremento delle esportazioni di tuberi, legumi e ortaggi che crescono, rispetto al primo semestre dello scorso anno, dell’11,4% in quantità e solamente dello 0,4% in valore, con una perdita sensibile in termini di prezzo del prodotto esportato.
Stessa sorte per le esportazioni di agrumi che, pur crescendo del 12,6% in volume, salgono solamente del 5,2% in valore.
Tiene l’export della frutta fresca che, pur calando in volume del 2,9%, cresce del 5,5% in valore, a causa della scarsa disponibilità di alcuni prodotti simbolo della nostra esportazione.
Continua a perdere posizioni l’export di frutta secca che scende al valore minimo degli ultimi 15 anni perdendo il 10,3% in quantità e il 2,2% in valore rispetto allo stesso periodo del 2023.
Molto bene l’export di frutta tropicale che prosegue la sua crescita in atto da 5 anni con un +28,7% in volume e +18,3% in valore, diventando un fattore nel panorama ortofrutticolo italiano, grazie alla lungimiranza dei nostri importatori e all’efficienza logistica delle nostre infrastrutture.
Passando all’esame dell’andamento dei singoli prodotti campioni del nostro export, si mantengono stabili le esportazioni di mele in volume, ma crescono i valori del 10,93% con un decumulo costante delle scorte che sta dando soddisfazione agli operatori.
Bene le arance le cui esportazioni salgono del 8,32% in quantità e del 3,87% in valore rispetto al primo semestre 2023.
Preoccupanti i dati relativi all’export di kiwi che, pur mantenendo un valore esportato poco al di sotto dello scorso anno (275,119 milioni di euro, -2,9%) perdono quasi un terzo delle quantità esportate che si attestano a 117.220 tons, – 29,62% rispetto al primo semestre 2023. Un prodotto vittima di una pesante crisi produttiva dovuta alla moria del kiwi, specialmente in alcuni areali e che ha visto intervenire il governo con aiuti mirati, purtroppo non sufficienti a salvaguardare gli operatori interessati.
Crolla ulteriormente l’export di pere che si attesta poco al di sopra delle 10.000 tonnellate con un -64,03% in volume e -54,10% in valore. Un comparto che ripone le proprie speranze di ripresa nella prossima campagna produttiva che sta per cominciare, ma che vede la principale varietà per cui è famosa l’Italia, la pera Abate Fetel con un raccolto decimato dalla Alternaria che ha avuto vita facile in assenza di principi attivi in grado di contrastarla.
Rimangono nella norma le esportazioni di limoni e di fragole, queste ultime pur perdendo il 10,14% del volume, crescono del 3,01% in valore.
Note positive vengono dalla campagna delle pesche e nettarine che si sta chiudendo con prezzi soddisfacenti e una buona qualità generale dei prodotti e da quella in corso dell’uva da tavola, grazie alla presenza sul mercato di nuove varietà molto appetibili per il mercato nazionale e internazionale.
IMPORT – Sul fronte dei prodotti più importati, si mantengono costanti le importazioni di banane e ananas e non conosce crisi l’avocado, le cui quantità importate crescono ancora del 8,81% in quantità e del 3,93% in valore rispetto allo scorso anno, un trend che non conosce flessioni in linea con le nuove tendenze di consumo degli italiani. Continuano a crescere anche le importazioni di pomodoro con un +8,74% in volume a fronte in una riduzione dei prezzi pagati, -14,92% in valore.
Il Presidente Marco Salvi, a commento dei dati semestrali, ribadisce le preoccupazioni degli operatori impegnati nelle esportazioni oltremare per il perdurare delle crisi internazionali, in particolare per il blocco del Canale di Suez, che già sul finire della campagna precedente ha ridotto dell’80% le spedizioni verso l’India e che metterà a repentaglio le esportazioni verso questa importante destinazione delle nostre mele.
“Non sono buone le previsioni per i mercati del Medio Oriente e della penisola arabica dove il fattore prezzo sta privilegiando gli operatori polacchi e serbi, che stanno dirottando il prodotto meno pregiato verso queste destinazioni. Discorso analogo per l’export di mele in Egitto che risente della stretta sui pagamenti internazionali dovuta alla crisi valutaria e che sta, di fatto, bloccando i rapporti commerciali con questo Paese”.
“Per quanto riguarda il fronte europeo – conclude Salvi – le preoccupazioni riguardano la formazione della squadra della prossima Commissione Europea con la previsione di un possibile Commissario all’agricoltura che potrebbe avere poco a che fare con le produzioni dei Paesi Mediterranei”.