ROMA – Con facile previsione, lo scorso maggio al termine dell’alluvione in Romagna, il Consiglio degli Ordini dei dottori agronomi e dottori forestali evidenziava che situazioni analoghe si sarebbero ripetute, poiché l’Italia ha fragilità ben note ed è necessario confrontarsi con le difficoltà del territorio, incapace a reagire agli eventi meteorologici estremi sempre più frequenti.
È ciò che, purtroppo, sta accadendo in Romagna, e in misura minore nelle Marche, in Toscana e in Sardegna.
“L’Emilia-Romagna, a cui va la nostra solidarietà, è di nuovo colpita da piogge intense con conseguenze sulla popolazione, coltivazioni, centri abitati.” – Monica Cairoli, Consigliere CONAF – “Non ci si può esimere dalla riflessione sulla modalità di gestione in particolare del territorio rurale esterno ai centri abitati che rappresenta la stragrande maggioranza della superficie, più in particolare sullo stato di manutenzione ed efficienza della rete di deflusso delle acque, realizzata attraverso una coerente progettazione della risistemazione idraulico-agraria e idraulico-forestale. La gestione del territorio deve essere pianificata in modo collegiale, affinché porti a un connubio tra la pianificazione urbana e la gestione dei territori agricoli, con interventi sia su scala ampia fino ad arrivare a livello aziendale. Fondamentale, quindi, una gestione dei territori rurali e boschivi, guidata dalla presenza di figure tecniche capaci di valutare con competenza il complesso rapporto città-campagna-bosco, con fine di ridurre al minimo l’impatto di eventi atmosferici importanti.”
“Il dato più sconcertante è che le esondazioni e i danni maggiori si sono verificati, principalmente, negli stessi posti della alluvione 2023. Un dato che deve far riflettere, perché in un anno, non siamo riusciti a fare neanche la messa in sicurezza dei siti che hanno generato tutte le problematiche della scorsa alluvione. In campo agronomico, dobbiamo ripensare alla regimazione delle acque (scoline drenaggi), pratica che risulta desueta. Invece, se guardiamo alle “vecchie” pratiche colturali, ci rendiamo conto che i nostri predecessori avevano grande attenzione ad ausili per la gestione delle acque meteoriche.” – commenta Alfredo Posteraro, Presidente della federazione regionale degli Ordini dei dottori agronomi e dottori forestali – “Quanto fatto fin ora non è più sufficiente ad arginare fenomeni così “ violenti” come i 340 mm di pioggia caduti. Tra i danni che non vediamo c’è che con fenomeni alluvionali così significativi, l’intero comparto agricolo va in grande sofferenza e le tempistiche di recupero sono elevate, con tutti i disagi economici e sociali immaginabili.
Le Regioni e gli enti locali devono pianificare interventi strategici, che devono prevedere un nuovo riassetto dei reticoli idrografici, è evidente ormai che le quantità di precipitazioni che erano straordinarie, divengono sempre più frequenti.”
“Un aspetto su cui possiamo agire con prontezza riguarda la cultura della manutenzione ordinaria del territorio, valutando gli effetti della vegetazione lungo i singoli settori dei corsi d’acqua, manutenendo la rete per il deflusso delle acque superficiali, troppo spesso rallentata da una burocrazia immobile rispetto all’evolvere degli eventi climatici.” – chiosa Giovanni Gualtieri, Presidente Ordine dei dottori agronomi e dottori forestali di Ravenna – “Tanto che è passato più di un anno e pare essere ancora al punto di partenza, a Faenza come a Traversara, lungo i torrenti Senio e Lamone, come nelle nostre colline.”
“Nella provincia di Forlì Cesena sono andate in crisi le aree già pesantemente colpite e danneggiate nel 2023, che richiedono interventi strutturali e pianificati per poterli rendere adatti a sopportare eventi così impattanti.” – aggiunge Giovanni Moretti, Presidente Ordine dei dottori agronomi e dottori forestali di Forlì e Cesena – “È necessario uno sguardo diverso, che sappia considerare l’evolvere della situazione: eventi che avrebbero dovuto avere cadenze decennali o secolari si presentano con frequenze quasi annuali, mettendo alla prova le nostre capacità di intervento. Chi, come gli agronomi e i forestali, si occupa di pianificazione territoriale sa che bisogna avere uno sguardo di lungo periodo. Così, mentre ci dobbiamo interfacciare con il rincorrersi di eventi catastrofici, dobbiamo considerare che cambiano le regole del gioco, ma non la necessità di intervenire a scala di bacino con uno sguardo tecnico, più che politico.”