ROMA – In un mondo dilaniato dalle guerre, il clima non fa eccezione; il bollettino di un Pianeta diviso a metà è devastante.
Dopo l’estate più calda mai registrata, oltre al ciclone Boris che ha sconvolto un’Europa assetata (in Polonia i fiumi non erano mai stati così asciutti), il report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche ricorda a Settembre le devastanti inondazioni in Bangladesh (ad inizio mese) e Cambogia (in questi giorni); le piogge torrenziali sul deserto del Sahara, dove sono comparsi tappeti erbosi in aree da sempre prive di vegetazione ed in Nigeria, dove hanno provocato il crollo della diga di Alau (centinaia di migliaia di sfollati); il tifone Shanshan in Giappone con l’evacuazione di circa 800.000 persone; gli uragani John ed Helene, rispettivamente su Messico (venti fino a 190 chilometri all’ora) e Florida (venti di oltre km/h 220); le tempeste di neve in Nuova Zelanda, dove a Queenstown si sono posati al suolo oltre 2 metri di neve, così come in Sudafrica.
L’altra faccia della medaglia è rappresentata dal dramma della siccità in America Latina, dove i bassi livelli dei fiumi non consentono più la navigabilità, come nel caso dell’idrovia Paraguay-Paranà, indispensabile arteria di 3400 chilometri (attraversa Argentina, Bolivia, Brasile, Uruguay, Paraguay), dove è ormai impedita la movimentazione di tonnellate di merci, lasciando isolate numerose comunità locali; in Colombia ed in Brasile il Rio delle Amazzoni ha il 90% di acqua in meno ed un livello più basso di 5 metri rispetto al consueto e questo pregiudica la navigabilità e l’approvvigionamento alimentare di migliaia di persone appartenenti alle comunità indigene, oltre alla morte di specie animali rare come il delfino rosa; in Amazzonia gli incendi boschivi stanno mandando in fumo centinaia di migliaia di ettari di foresta con una perdita inestimabile di biodiversità e compromettendo gravemente la qualità dell’aria.
La crisi climatica si manifesta con il progressivo scioglimento dei ghiacciai sulle Alpi, ma anche in Groenlandia, dove nell’ultima decade di settembre si sono registrate temperature miti sia di notte (oltre 15°) che di giorno (quasi 19°).
Nel solo mese di settembre, lungo la nostra Penisola si sono registrati 463 eventi meteo estremi (nubifragi, tornado e grandinate anomale), pari al 63% di quelli verificati in tutto il 2020 (fonte: European Severe Weather Database).
“È un’era, che abbisognerebbe di fratellanza umana nell’affrontare un cambiamento epocale ed invece ci stiamo dividendo. Non si tratta di semplice solidarietà, ma di disegnare il nostro futuro sul Pianeta ad iniziare dai flussi migratori, che le catastrofi climatiche ingenerano” commenta amaramente Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) ed al vertice anche in organismi internazionali del settore (E.U.W.M.A. ed Irrigants d’Europe).
Nonostante le piogge settembrine, i territori italiani afflitti dalla siccità non registrano alcun miglioramento della condizione idrica: in forte crisi permangono i territori della Sicilia orientale e centrale (in quella occidentale, paradossalmente, si registrano localmente surplus pluviometrici come, ad esempio, nell’agrigentino e trapanese). Le ultime rilevazioni pubblicate parlano di un volume residuo, negli invasi dell’Isola, di circa 187 milioni di metri cubi, ma di questi solo poco più di 60 sono utilizzabili; delle 29 dighe siciliane, nove sono vuote, dieci hanno meno di 1 milione di metri cubi utilizzabili e sette meno di 5 milioni. L’Autorità di bacino ha previsto che, salvo piogge straordinarie, tra novembre e gennaio le riserve idriche si esauriranno completamente.
Anche il destino degli invasi in Basilicata, così come di tutti quelli dell’Italia Meridionale, sembra un inevitabile completo svuotamento. Si tratta di bacini con una capacità, che in alcuni casi arriva a sfiorare i 500 milioni di metri cubi, di cui ancora oggi ne rilasciano centinaia di migliaia al giorno (il lago di monte Cotugno distribuisce quotidianamente oltre 700.000 metri cubi ed ormai ne conserva solamente 64). In una settimana dai bacini lucani sono complessivamente fuoriusciti 7 milioni di metri cubi d’acqua e, rispetto allo scorso anno, ne mancano all’appello oltre 166.
Nella pugliese Capitanata i volumi idrici residui ammontano a soli 42 milioni di metri cubi; la capacità d’invaso della sola diga di Occhito è pari a mln. mc. 250 (quindi attualmente i 4 bacini del Tavoliere conservano complessivamente una quantità pari al 17% di quanta potrebbe trattenerne la sola la diga più grande), ma oggi nel grande bacino al confine con il Molise ne rimangono solo 36 milioni, cioè meno del volume morto (quello, che non si dovrebbe usare) fissato a mln. mc. 40.
In Campania, dopo le abbondanti crescite dovute a piogge abbondanti financo a veri e propri nubifragi, tornano a ridursi i livelli dei fiumi.
In Umbria l’altezza idrometrica del lago Trasimeno continua inesorabilmente a decrescere, nonostante le piogge settembrine ed attualmente è 79 centimetri sotto alla media; calano anche i livelli dei fiumi Paglia e Chiascio.
Come il lago umbro, anche i bacini della provincia romana affrontano un declino, che sembra inarrestabile, nonostante le copiose precipitazioni del mese scorso (ai Castelli Romani è stato il mese più piovoso da inizio 2024 così come nei territori limitrofi al lago Sabatino dove le cumulate di pioggia settembrine si aggirano sui 140 millimetri): il lago di Bracciano in una decina di giorni perde ulteriori 3 centimetri (rispetto al già deficitario 2023 è più basso di cm.10 ca.) ed il lago di Albano, dopo la timidissima ripresa della scorsa settimana, è tornato a calare. In crescita nella Capitale la portata del fiume Tevere, mentre si riduce quella del suo affluente, Aniene; nel Reatino è in calo il livello del Velino.
In Abruzzo, dove da tempo non si irriga più, anche l’approvvigionamento idrico per uso potabile è a rischio nel sud della regione, a causa degli invasi svuotati e delle esigue portate dei fiumi.
Segno negativo anche per i livelli dei fiumi marchigiani Potenza, Esino e Sentino dopo le buone performances delle settimane scorse, dovute alle piogge abbondanti; Nera e Tronto registrano invece una sostanziale invarianza.
In Toscana sono in calo i flussi negli alvei di Arno ed Ombrone, mentre crescono quelli di Sieve e Serchio.
In Liguria calano i livelli dei fiumi Vara e Magra (a Levante) ed Argentina (a Ponente), mentre restano invariati quelli dell’Entella, la cui altezza è però inferiore alla media.
In Emilia-Romagna sono in crescita i livelli dei fiumi Reno, Secchia, Enza, Taro e Trebbia, mentre scendono quelli del Savio; i bacini artificiali piacentini trattengono una quantità di riserva idrica grandemente superiore alla norma (Molato è al 38,2% di riempimento, Mignano al 15,2%).
In Veneto si registra una crescita generalizzata delle portate fluviali, ben rappresentata dall’Adige, che in una settimana vede raddoppiare il flusso in alveo, raggiungendo quasi mc/s 458, cioè ben 156% in più della media; valori più che doppi rispetto alla norma si registrano anche per i fiumi Livenza e Brenta, mentre il Bacchiglione registra una portata pari a 3 volte la media (fonte: ARPAV).
Al Nord i “Grandi Laghi” registrano un innalzamento dei livelli con il Maggiore, che raggiunge un riempimento del 79,3%, il Sebino del 70,7%, il Benaco del 64,3%; sotto al 50% di riempimento (45,9%), ma con un’altezza in linea con le medie del periodo, è il Lario (fonte: Enti Regolatori dei Grandi Laghi).
In Lombardia le riserve idriche sono maggiori della norma (+9,6 %), ma inferiori al 2023 (-20% ca.).
Trend decrescente, questa settimana, per le portate dei fiumi in Piemonte dove comunque, fatta eccezione per la Toce e la Stura di Lanzo, rimangono superiori alla media del periodo.
Portate in calo anche per il fiume Po nel tratto piemontese, ma crescenti in Lombardia ed Emilia-Romagna (a Pontelagoscuro, la portata è di mc/s 1915 equivalenti a +44% sulla media).
Infine, la Valle d’Aosta segna un incremento nella portata della Dora Baltea, superando così i valori medi mensili; sostanziale invarianza invece per il torrente Lys.
Conclude il Direttore Generale di ANBI, Massimo Gargano: “Di fronte alla fotografia idrica dell’Italia, sempre più condizionata dall’imprevedibilità meteorologica, è urgente l’avvio di una strategia che al Centro-Sud privilegi l’efficientamento ed il completamento delle opere esistenti, mentre al Nord punti prioritariamente alla realizzazione di nuove infrastrutture idrauliche multifunzionali, capaci di abbinare e funzioni di prevenzione idrogeologica e riserva idrica. I nostri Piani, composti perlopiù da interventi già cantierabili, sono pronti ed al servizio del Paese”.