PSA, preoccupazione Assosuini: futuro ancora pieno di incognite. Il sogno è un’Italia come Lodrino

ROMA – Il futuro della filiera suinicola italiana è ancora pieno di incognite.

A ricordarcelo quotidianamente è l’avanzata inarrestabile della Peste Suina Africana (PSA), aggravata anche dell’enorme diffusione di cinghiali, principali vettori del virus. Questa situazione drammatica può essere superata solamente con il supporto delle Istituzioni, come il Masaf, il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste.

“Per la lotta alla PSA, che ha messo in ginocchio il settore delle carni suine, siamo ormai arrivati alla nomina del terzo Commissario, dopo anche il severo monito dell’Europa sulla necessità di fronteggiare subito l’emergenza con misure efficaci e, soprattutto, per sostenere il settore con adeguati ristori. Ma non se ne vede la fine all’orizzonte”, ha dichiarato il Presidente del Consorzio dei Salumi DOP Piacentini, Antonio Grossetti, facendo il punto dell’attuale situazione di mercato.

Ad oggi, i prezzi delle carni suine per produrre i DOP, certificate 100% italiane e quindi da suini nati, allevati e macellati in Italia, hanno infatti raggiunto prezzi molto elevati. La causa non è da ricercare solo della minor disponibilità di mercato, ma anche in fattori speculativi, con il rischio che il prossimo anno potrebbe mancare la materia prima da lavorare. Questo avrà gravi ripercussioni su tutta la filiera e di conseguenza anche sui consumatori, con costi più elevati per i salumifici, che rischiano di lavorare in perdita.

“Noi vogliamo guardare avanti”, spiega Grossetti: “Diversi nostri soci hanno affrontato fiduciosi ingenti investimenti di modernizzazione e il supporto del Distretto Salumi Piacentini DOP, il primo ‘Distretto del Cibo’ riconosciuto dalla Regione Emilia Romagna, e unico Distretto per i salumi DOP compreso nell’elenco ufficiale del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, è ora più che mai indispensabile”.

Serve inoltre calmierare i prezzi, in quanto oggi chi possiede suini li fa pagare a caro prezzo, mentre chi li ha comunque sani, ma attorno alle zone di restrizione, è costretto a venderli sottocosto. Dovrebbe essere compito del Ministero fare in modo che i prodotti agro-alimentari non subiscano contraccolpi di prezzo, anche per evitare che i consumatori si orientino verso prodotti di qualità inferiore.

A tal proposito, al fine di raggiungere un maggiore equilibrio in molti auspicano l’intervento della CUN (Commissione Unica Nazionale dei Tagli di carne suina fresca, composta in maniera paritetica dalle due categorie dei venditori e degli acquirenti). Anche per non mettere a repentaglio la filiera, già colpita da inflazione, rincari delle materie prime, PSA e, come notiamo tutti dando anche solo un’occhiata ai mass media, un quantitativo incredibile di fake news da parte di gruppi di potere economico che spingono verso le alternative “plant-based” o le carni artificiali coltivate in laboratorio.

Porre rimedio all’invasione dei cinghiali resta prioritario. Oltre a veicolare il virus della PSA, infatti, questi animali, ormai presenti anche nelle nostre città, spiagge, aree verdi, stanno mettendo in ginocchio diverse aziende in tutta Italia perché distruggono i raccolti, oltre ad essere aggressivi e pericolosi per le persone. In Sicilia, ad esempio, l’ultimo avvenimento vede danni per oltre 700mila euro per un vignaiolo palermitano. Dalle Istituzioni, come spesso accade, solo un silenzio tombale e nessun aiuto per questo produttore, che non è il solo ad aver subito l’attacco degli ungulati.

È sempre più urgente decinghializzare il Paese, specialmente adesso che si avvicina la stagione invernale, il periodo più favorevole per ridurre drasticamente la popolazione di cinghiali e prevenire nuovi focolai. Il nostro appello, “Decinghializziamo l’Italia”, lanciato anche attraverso una campagna di sensibilizzazione e una mozione per spingere gli amministratori comunali e i sindaci verso l’eliminazione dei cinghiali, ha trovato il primo riscontro a Lodrino, in provincia di Brescia, che diventa il primo comune decinghializzato d’Italia. E questa è la strada da seguire se si vuole proteggere l’intero settore suinicolo dal disastro assicurato.

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