ROMA – “Abbiamo chiesto alla Regione la convocazione di un Tavolo di Crisi perché è arrivato il momento di intervenire sul settore corinicolo con strumenti e risorse, che possano riposizionarlo in un alveo di sicurezza, a partire da una presenza più incisiva del servizio sanitario.
Visti gli andamenti climatici disastrosi degli ultimi anni è inderogabile la necessita di costituire un fondo mutualistico, con la dotazione di almeno 5 milioni di euro, dedicato alle garanzie accessorie a quelle assicurative, che possa ristorare danni derivanti dall’eccesso di pioggia, gelate tardive, siccità, bombe di calore”.
Così il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri, che in merito ha chiesto all’assessore regionale all’Agricoltura, Giancarlo Righini, un tavolo di crisi per le nocciole, un comparto in forte crisi con una produzione in calo del 50% con punte nel 70% in alcune zone.
“La Cimice asiatica è un problema reale e presente – prosegue Granieri – da risolvere oggi più che mai. E’ necessaria un’assistenza tecnica efficace sul territorio, pronta ad intervenire. Occorre quanto prima un confronto costruttivo con il servizio fitosanitario di Regione Lazio, al fine di trovare tutti gli strumenti utili per poter lasciare possibilità di produrre, garantendo un contenimento significativo della cimice asiatica”.
Il settore corinicolo da oltre 30 anni rappresenta una delle più importanti attività agricole della regione e ha portato una svolta positiva all’economia agroalimentare di un territorio collinare come quello viterbese, ma che nelle ultime cinque campagne produttive vede i produttori in ginocchio, soprattutto per cause climatiche e fito sanitarie. Alle gelate del 2021, infatti, è seguita la siccità del 2022 e i fortissimi attacchi di cimice asiatica nel 2023, con gravissimi danni sulla qualità del prodotto.
“Il 2024 – aggiunge Granieri – vede la somma dei vari fattori sinora indicati: dalle temperature altissime dell’estate, che hanno messo in difficoltà le piante in produzione, causando importanti stress, alla cimice asiatica – in parte contenuta anche grazie alle deroghe – che ha portato danni amplificati dalle piogge abbondanti e continue, intervenute nell’ultimo mese”.
Le punture di cimice, infatti, hanno causato la presenza di fori sul frutto, che hanno determinato la presenza di funghi, i quali a loro volta hanno causato marciume del prodotto pronto per essere raccolto. Quest’anno, inoltre, si è verificato un aumento dei costi produzione determinati da un tipo di raccolta a scalare a causa dei tempi di maturazione diversi e anticipati dalle alte temperature.
I danni causati nel Lazio dai cambiamenti climatici hanno superato quest’anno i 300 milioni di euro.
“La seconda raccolta – chiarisce Granieri – vede la gran parte del prodotto danneggiato, che viene ulteriormente mal pagato. A questo si aggiunge un problema di non riconoscimento del prezzo del prodotto finito di qualità, seppur presente in scarsa quantità. Il settore è emblema di qualità e con una Dop locale quale la “Tonda Gentile Romana”, tutela il territorio, provando a costruire valore. Nonostante i numeri, però, è entrato in una profonda crisi”.
Settore che oggi supera i 120 milioni di euro di fatturato, con una coltivazione che nel Lazio, seconda regione italiana per produzione di nocciole,si estende su una superficie 27 mila ettari, in gran parte nella Tuscia, con un raccolto che supera le 45 mila tonnellate annue. Sono oltre tremila le persone che lavorano nella filiera della nocciola solo a Viterbo. Una coltivazione estesa anche ad altri comuni della provincia, che coinvolge complessivamente oltre ottomila famiglie.
“La corinicoltura del Lazio – conclude Granieri – ha avuto la capacità di trasformare aree di montagna in terre ricche e produttive dopo 4 anni di difficoltà, ha bisogno di attenzione, lavoro e risorse, anche finalizzate alla promozione e valorizzazione dello stesso prodotto regionale, messo in seria difficoltà da importazioni selvagge di prodotto similare, come quelle provenienti dalla Turchia, di minore prezzo e non rispettoso della reciprocità, soprattutto rispetto delle norme lavoristiche di chi opera nel settore, oltre che all’utilizzo dei prodotti fitosanitari. Anche in questo settore la valorizzazione del vero prodotto italiano ha la necessità di un percorso chiaro e trasparente, anche attraverso la valorizzazione di una delle poche DOP del territorio laziale, che ha estremamente bisogno di sostegni per la promozione”.