ROMA – Una road map per far uscire il mondo del vino europeo da “una soluzione difficile”.
Nella lettera aperta che Luca Rigotti, presidente del gruppo di lavoro sul vino del Copa e del Cogeca e responsabile del settore per Fedagri Confcooperative, ha scritto alla Commissione UE appena insediata si parte dalla convinzione che “la stabilità e la crescita a lungo termine dovrebbero essere raggiunte attraverso meccanismi progettati per gestire i cambiamenti di mercato che stiamo attualmente vivendo”.
E in questo schema di gioco “l’estirpazione dei vigneti deve essere uno strumento temporaneo e non permanente” mentre “una misura che sarebbe di grande beneficio per i viticoltori è un adeguamento del sistema di autorizzazione al reimpianto”. Dove adeguamento significa “estendere la validità delle autorizzazioni al reimpianto da 3 a 8 anni” consentendo “un periodo di riposo più lungo per il terreno (che migliorerebbe i benefici ecologici del vigneto) e offrendo ai viticoltori il tempo di cui hanno bisogno per valutare i cambiamenti del mercato e reimpiantare le varietà giuste al momento giusto”.
Interventi urgenti che dovrebbe permettere di scongiurare il rischio alto, se non altissimo, di una tempesta perfetta. Secondo Rigotti, infatti, “i consumi complessivi in Europa stanno diminuendo, le preferenze dei consumatori stanno cambiando rapidamente e la coltivazione della vite sta diventando più complessa a causa dei cambiamenti climatici”. Nello stesso tempo, però, “gli strumenti agronomici, a disposizione dei viticoltori sono spesso inadeguati, soprattutto se aggravati da incertezze commerciali e normative”.
Che fare, allora? Rigotti punta a trovare le soluzioni al tavolo del gruppo di alto livello sul futuro del settore vitivinicolo dell’UE che ha tenuto la sua prima riunione l’11 settembre. Tavolo dove si sta discutendo la proposta di un blocco temporaneo (3 anni) dell’incremento dell’1% delle superfici vitate annuo, nelle zone che richiedessero misure di crisi, così come la possibilità di un’estirpazione temporanea che nel breve periodo possa consentire un riequilibrio dell’offerta del prodotto sul mercato, senza andare a compromettere in modo definitivo il patrimonio viticolo di uno Stato membro. Ma per Rigotti “affrontare una crisi come quella stiamo vivendo agendo solo ed esclusivamente sulla riduzione del potenziale viticolo di un Paese non può essere l’unica soluzione percorribile”. Una strada alternativa potrebbe arrivare all’ampliamento temporale delle autorizzazioni al reimpianto. Autorizzazioni “che sono già nel portafoglio del produttore” e dunque “il conteggio delle quote nazionali non verrebbe influenzato”.
Ma su quel tavolo è necessario anche rilanciare, come leva a lungo termine dell’azione europea, il sostegno alla promozione sui mercati internazionali delle denominazioni di vino protette (oltre 1600 in Europa): “Chiederemo un incremento della dotazione finanziaria ed una semplificazione delle procedure nella realizzazione dei progetti, così come servirà un confronto approfondito sul tema del consumo responsabile del vino e delle problematiche legate agli aspetti salutistici”. Ma sarà anche necessario “estendere le campagne promozionali verso il mercato interno potrebbe supportare il dinamismo del settore”.
Per affrontare al meglio l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici – “il settore ha già compiuto notevoli progressi nel ridurre l’impatto nel corso degli anni” – è necessario che Bruxelles “risponda più rapidamente e semplifichi l’implementazione dei meccanismi di crisi (ad esempio distillazione e stoccaggio privato) a livello nazionale, per rispondere meglio alle situazioni di crisi”. Dal suo punto di vista “una maggiore flessibilità nella gestione del bilancio settoriale nazionale, in particolare consentendo il riporto dei fondi non spesi al bilancio dell’anno successivo, garantirebbe al settore maggiore stabilità e sicurezza di pianificazione”.
E poi c’è il tema della competitività. “Le nostre cantine cooperative sono uno strumento prezioso per rafforzare il ruolo dei produttori nella filiera, e questo non dovrebbe essere trascurato dai decisori politici dell’UE”. Da qui la proposta di classificare le cooperative come Piccole e Medie Imprese perché “spesso comprendono centinaia, se non migliaia, di micro e piccoli produttori che non possono essere penalizzati a causa del modello aziendale di cui fanno parte”.
E Rigotti, per quanto riguarda il futuro della cooperazione vitivinicola italiana, la vede così: “Per quanto ci riguarda, il futuro lo vedo nei processi di aggregazione dell’offerta che consentiranno alle cantine cooperative di continuare ad investire in innovazione, in cantina ma anche nei vigneti, in un management qualificato, nell’ottimizzazione dei costi di produzione, nell’ampliamento della gamma dei prodotti offerti”. Ma il futuro “lo vedo nella capacità di saper ascoltare i (veri) cambiamenti di mercato e nel dare delle risposte adeguate”.