BARI – Al via in anticipo di 15 giorni la raccolta delle olive in Puglia, l’oliveto d’Italia, che segna in media un crollo del 40% rispetto allo scorso anno, a causa della siccità che ha stretto la regione sin dalla primavera e persiste, ma in compenso la qualità risulta eccellente.
E’ quanto emerge dalla stima di Coldiretti Puglia e Unaprol sulla campagna olivicola 2024/2025, diffusa in occasione dell’avvio della raccolta delle olive in un anno profondamente segnato dalla siccità, dalle temperature record e dalla mancanza di piogge, con -72% di acqua negli invasi pugliesi anche ad ottobre rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso..
In provincia di Bari e nella BAT si rischia un calo fino al 40% della raccolta di olive a causa delle temperature sopra la media già ad aprile e maggio, un caldo anomalo e fuori stagione che da subito – denuncia Coldiretti Puglia – ha preoccupato gli olivicoltori, perché sfavorevole alla fisiologica mignolatura dell’olivo. Infatti, nel mese di maggio ricorre la fioritura dell’olivo che quest’anno, nonostante la prolifica produzione registrata durante la scorsa campagna olearia, sembrava essere soddisfacente un po’ ovunque, ma le buone aspettative sono state poi tradite da un progressivo aborto dei fiori dovuto appunto all’eccessivo e duraturo caldo.
In provincia di Foggia, con l’avvio della campagna olearia si sta delineando un quadro più chiaro della stagione olivicola, dove l’innalzamento delle temperature dal mese di maggio ad agosto e la mancanza di piogge è stato di ostacolo per l’allegagione. Di fatto, anche nell’areale foggiano è stimata una bassa produzione di olive, in termini percentuali in calo del 50% rispetto alla scorsa stagione olivicola. Calo sensibile anche in Salento, con le province di Taranto e Brindisi che risentono della siccità e della mancanza di piogge, ma anche i costi di produzione – aggiunge Coldiretti Puglia – sono triplicati e la mancanza di manodopera sia per la coltivazione dei terreni sia per l’apertura dei frantoi penalizza gravemente il settore olivicolo – oleario.
A causa della Xylella fastidiosa– insiste Coldiretti Puglia – sono andate perse 3 olive su 4 in provincia di Lecce con il crollo del 70% della produzione di olio di oliva anche nell’annata 2022 con il crollo produttivo divenuto incontrovertibile dal 2015 ad oggi, e finora il numero stimato di ulivi reimpiantati è pari a poco più di 3 milioni, contro i 21 milioni di piante infette per la strage causata dalla Xylella, pari ad appena il 14%.
Buone notizie arrivano, invece, sul fronte della qualità che si annuncia eccellente, grazie all’impegno delle circa 400 mila aziende agricole nazionali nel garantire un prodotto dagli standard elevatissimi, regalando all’Italia la leadership in Europa per il maggior numero di olio extravergine a denominazione in Europa (43 Dop e 4 Igp) con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo, sulla base dell’analisi Coldiretti.
“Non è un caso che lo scorso anno l’olio extravergine d’oliva 100% Made in Italy italiano sia stato l’unico a crescere nei consumi dimostrando come i consumatori italiani abbiano premiato la qualità di un prodotto dalle caratteristiche organolettiche immediatamente percepibili – sottolinea David Granieri, vicepresidente nazionale di Coldiretti e presidente di Unaprol, l’associazione dei produttori olivicoli -. Un risultato che evidenzia come il nostro Evo non debba essere considerato più una commodity legata alla logica del prezzo, ma un vero e proprio alimento, che peraltro innumerevoli studi indicano come prezioso elisir di lunga vita, oltre che caposaldo della Dieta Mediterranea. Da qui la necessità di tenere alta la guardia contro ogni tentativo di speculazione che possono trovare terreno fertile nella scarsità di prodotto a livello mondiale, nell’inevitabile incremento delle quotazioni e nella riduzione del differenziale di prezzo tra l’olio extravergine italiano e quello dei principali paesi produttori”.
“Non è più rinviabile un piano strategico dell’olivicoltura – aggiungono presidente e direttore di Coldiretti Puglia, Alfonso Cavallo e Pietro Piccioni – che metta al centro le aziende che sono sul mercato, producono reddito e occupazione, oltre al recupero dei tanti uliveti abbandonati che devono essere rinnovati per ridare ossigeno e speranze ai territori, proseguendo a livello internazionale la battaglia per tutelare la qualità del nostro olio extravergine d’oliva, cercando di cambiare anche alcuni parametri che penalizzano i nostri agricoltori già vessati dal cambiamento climatico e dall’aumento sconsiderato dei costi energetici. Il futuro dell’olio italiano passa da questi interventi fondamentali per tutelare un prodotto simbolo del Made in Italy”,
Tra l’altro Unaprol e Coldiretti portano avanti una politica di contrasto alle frodi, sempre più crescenti per la scarsità di prodotto, proponendo in tutti i tavoli istituzionali, nazionali ed internazionali, la proposta del restringimento dei parametri relativi al livello di acidità dell’olio Evo, da 0,8% a 0,5%. Importante in tale ottica l’arrivo del nuovo decreto, fortemente voluto da Coldiretti e Unaprol e in fase di pubblicazione, sulle modalità di registrazione delle olive acquistate dai commercianti di olive, con specifiche funzionalità previste sul Sian, che assicurerà maggiore trasparenza e tracciabilità. Necessario anche rafforzare la disciplina sui condimenti, che dovrebbero avere l’indicazione dettagliata in etichetta della percentuale di olio extravergine d’oliva presente in miscele che utilizzano prevalentemente oli raffinati e devono essere nettamente separati sugli scaffali dall’olio Evo, per non ingenerare confusione nei consumatori e consentire manovre ingannevoli.
Ma l’impegno della filiera olivicola italiana con Unaprol e Coldiretti guarda anche ai cambiamenti climatici chiedendo di accelerare sulla realizzazione del piano di invasi con pompaggi e cambiare passo per una gestione della risorsa idrica programmata, senza la quale anche l’olivicoltura italiana non può più garantire una produzione costante e di qualità per gli effetti sempre più violenti dei cambiamenti climatici.