Le sfide per l’agricoltura europea: sicurezza approvvigionamenti, miglioramento genetico per cambiamenti climatici e sostegno a reddito aziende

BOLOGNA – Le nuove linee guida della politica agricola europea sono state dibattute all’incontro “Le priorità agricole dell’Unione Europea per il 2024-2029: tra revisione della Pac e completamento del Green Deal”, organizzato a Bologna da Accademia Nazionale di Agricoltura e Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali a Bologna.

Da quanto è emerso nell’incontro, moderato dalla giornalista Lisa Bellocchi, con il Green Deal europeo, il Farm to Fork, la Strategia Biodiversità e la riforma della PAC 2023-2027, gli agricoltori sono stati chiamati a contribuire con oneri e sacrifici consistenti al processo di transizione ecologica che, insieme alle difficoltà di mercato e ad eventi avversi di natura climatica, fitosanitaria e politica hanno provocato una reazione di scetticismo, sfiducia e disimpegno da parte degli agricoltori.

In Italia, ad esempio, i dati sul ricambio generazionale e sulla presenza di giovani agricoltori sono piuttosto preoccupanti e l’intervento che prevede un pagamento supplementare a favore dei giovani ha dato risultati al di sotto delle aspettative, nel corso dei primi due anni di applicazione della PAC 2023-2027. Nel 2023 c’è stato un sensibile calo delle nuove domande e, rispetto ad un output programmato di oltre 800.000 ettari, sono stati richiesti a contributo circa 600.000 ettari, con conseguente sottoutilizzazione del plafond finanziario.

Oggi l’Unione Europea è la principale area commerciale a livello mondiale, con oltre 513 miliardi di euro di esportazioni, di cui 330 fra Paesi europei e 182 con il resto del mondo e nel bilancio UE l’agricoltura conserva un peso di oltre il 30%. A questo si aggiunge un rilevante scambio di prodotti alimentari fra i 27 stati membri che contribuiscono a soddisfare gli oltre 1.500 miliardi di consumi alimentari delle famiglie europee, circa il 21% dei loro consumi totali. Dati clamorosi che risentono però troppo della frammentazione degli stati europei e della mancanza di una reale visione sovranazionale. Per i relatori intervenuti è necessario modificare la PAC per rispondere alle sfide attuali e future ed accelerare la transizione in corso dei sistemi agroalimentari verso un futuro più sostenibile, competitivo, redditizio e diversificato.

No a derive ambientaliste ma vera tutela delle eccellenze agroalimentari   

“L’agricoltura sta soffrendo e la nuova PAC deve essere un incentivo per l’agricoltura stessa. Sono necessari – ha esordito il Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente Accademia Nazionale di Agricoltura nel saluto iniziale – equilibri e rapporti paritetici tra gli stati europei, senza favorire corporazioni di parte, rispettando le produzioni di qualità di ciascun Paese che sono la forza nei confronti del mercato estero. La PAC e un giusto Green Deal che non segua ambientalismi di parte e faccia scelte giuste, ad esempio favorendo gli studi genetici sulle piante per affrontare meglio il cambiamento climatico e favorire la sicurezza alimentare e cibo per tutti, può davvero essere la base per il futuro agricolo europeo”.

I numeri dei giovani agricoltori in Italia: formazione, competenze, digitalizzazione

Il Prof. Roberto Fanfani, Accademia Nazionale di Agricoltura, nella relazione “La PAC e l’agroalimentare” ha analizzato come le dimensioni medie delle aziende (18 Ha di Sau) degli under 40 sono più del doppio di quelle degli over 40 anni e il ricorso all’affitto assume un rilievo mai avuto in precedenza (60% della Sau) che potrebbe interrompere quel circolo di trasmissione prevalentemente familiare delle aziende, ancora oggi prevalente al 72%. Le nuove aziende giovanili create al di fuori del circolo familiare vedono forti differenze (35% il Nord-Est e 23% il Mezzogiorno) e alcuni fattori meritano attenzione. Il processo di digitalizzazione delle aziende risulta fortemente differenziato a livello territoriale (58% Nord, 34% Centro, 21% Mezzogiorno) cosa che potrebbe condizionare il futuro sviluppo delle aziende giovanili, mentre il livello di istruzione ha fatto un balzo in avanti. Oggi, quasi l’80% sono diplomati e laureati, mentre negli ultraquarantenni prevale ancora la scuola media, ma le differenze sostanziali sono nella formazione attinente agli studi agrari, proprio nelle materie più specifiche per l’agricoltura, con il Nord quasi al 33%, il Centro 19% e il Mezzogiorno al 17%.

“In Italia le problematiche dello sviluppo territoriale, fra cui i rapporti fra città e campagna, le differenze nello sviluppo delle numerose diversità, la fragilità economica, sociale, ambientale e istituzionale si intrecciano ed accavallano. Affrontare l’intersecarsi di queste richiede – ha sostenuto il Prof. Roberto Fanfani – l’intervento congiunto di politiche agroalimentari e di coesione del mercato unico. Naturalmente si tratta di mettere assieme competenze multidisciplinari e cooperazione fra pubblico e privato, investimenti e innovazione partendo dalla conoscenza approfondita della realtà da cui si parte. Nel coordinare queste competenze una azione e spazio di intervento potrebbe essere giocato anche dalle e accademie del nostro Paese.”

La mancanza di un reale governo dell’UE condiziona e immobilizza la PAC

Il Prof. Franco Sotte, Ordinario di Economia e Politica Agraria, Università Politecnica delle Marche, nel suo intervento “La Politica Agricola Europea. Storia e Analisi” ha individuato tre parole chiave che riassumono le peculiarità della politica agricola europea: perennità, invarianza, eccezionalità. La perennità evoca la capacità della PAC di adattarsi ai tempi essendo passata, gradualmente, dal sostegno dei prezzi degli anni ‘60-‘80 agli attuali aiuti al reddito. Ha integrato nel corso degli anni la politica di sviluppo rurale e adottato misure per la sostenibilità ambientale, per il contrasto e adattamento al cambiamento climatico, per la valorizzazione e promozione della qualità dei prodotti. L’eccezionalità concerne al fatto che la PAC non si è mai pienamente integrata con le altre politiche comunitarie e la separatezza è il risultato della sua storia che ha preceduto di diversi lustri l’adozione di altre politiche comuni: quelle per la coesione, la ricerca, la tutela dell’ambiente e della salute, ecc.

“Finché infatti mancherà un reale Governo dell’Unione e una vera idea di filiera agricola europea le trattative si svolgeranno nel tavolo negoziale del Consiglio tra ministri – ha detto il Prof. Franco Sotte – con ognuno dotato di potere di veto ed è inevitabile che prevalgano obiettivi immediati e la PAC si trascina, da un negoziato all’altro, in questa condizione di “lock in” che la immobilizza e la isola”.

Europa potenza agricola, ma serve meno ideologia e una logica sovranazionale

Il Dott. Alfonso Pascale, Accademia della Ruralità “Giuseppe Avolio”, parlando di “Politica agricola in una nuova governance dell’UE: scenari possibili” ha sostenuto il processo di integrazione europea con una riforma dei trattati. Potrebbe aprirsi finalmente la prospettiva per realizzare una vera riforma della PAC, eliminando i difetti che in questi 60 anni si sono accumulati, sovrapposizioni dannose e condizionamenti reciproci. Sotto i riflettori delle opinioni pubbliche nazionali, sarà più facile selezionare con criteri di equità e appropriatezza soggetti e territori beneficiari? Diventerà più agile ed efficace l’implementazione normativa e burocratica della misura? Si vedrà ha concluso il relatore.

“In base ai numeri dell’agroalimentare, l’Ue è la prima potenza agricola del mondo ma, in realtà, è un “nano” politico. Con l’impianto ideologico del Green Deal, rischia anche di indebolirsi sul piano produttivo e tecnologico. Per fronteggiare le sfide esistenziali – ha analizzato il Dott. Alfonso Pascale -, l’Ue deve, innanzitutto, modificare la propria governance: dotarsi di una legittimazione democratica e di una testa politica e sostituire, nei processi decisionali, la logica intergovernativa con quella sovranazionale. Si eliminerebbe così l’ipocrisia di identificare 27 politiche agricole con una politica solo nominalmente “comune”.

Le proteste degli agricoltori hanno portato a un sensibile cambio di rotta

Il Dott. Ermanno Comegna, Economista agrario, nella relazione “Green Deal, Farm to Fork Strategia Biodiversità” ha precisato che oltre alle iniziative programmate e in parte attuate, sono state preannunciate integrazioni e correzioni di rotta al percorso tracciato con il Green Deal. La svolta c’è stata a seguito delle proteste degli agricoltori europei, dalle quali è scaturito il pacchetto di semplificazione e revisione della PAC 2023-2027, con l’allentamento dei vincoli di condizionalità rafforzata. Infatti, sono attesi interventi come il rafforzamento della posizione degli agricoltori all’interno della filiera, con l’estensione dell’ambito di applicazione della direttiva sulle pratiche sleali e inizia ad affiorare la volontà di modificare l’approccio alle politiche commerciali dell’Unione europea, inserendo anche l’esigenza di garantire la reciprocità delle regole. Si ragiona sulla possibilità di una profonda revisione del funzionamento della PAC, con il riorientamento del sostegno ed una strategia organica per affrontare i rischi in agricoltura.

“L’esperienza di questi ultimi anni ha mostrato il forte impatto sulle aziende agricole delle diverse azioni e degli orientamenti derivanti dall’applicazione del Green Deal, con la modifica delle pratiche agronomiche, l’aumento dei costi di produzione e maggiore burocrazia. La transizione ecologica – ha spiegato il Dott. Ermanno Comegna – verso la sostenibilità è il punto centrale che ispira il Green Deal e rappresenta un elemento di riferimento con il quale impostare, attuare e valutare la Politica Agricola Comunitaria, con i relativi Piani strategici nazionali”.

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