ROMA – “Il prezzo dell’olio, finalmente, è congruo rispetto ai costi di produzione e questo ci permette di investire per difendere gli oliveti dagli attacchi dei parassiti e anche di prendere le contromisure per combattere il cambiamento climatico ma ora più che mai è urgente fermare la speculazione e chi continua ad utilizzare le pratiche del sottocosto”.
Tommaso Battista, olivicoltore e presidente di Copagri, ha iniziato il 2 novembre la raccolta delle sue olive e nonostante l’annata di scarico preferisce diffondere ottimismo perché “alla fine avremo a disposizione una maggiore produzione rispetto a quella del 2023 e riusciremo a garantire una qualità molto buona”.
Presidente ma le stime ipotizzano una produzione di poco superiore alle 200 mila tonnellate…
Vero. Questi numeri sono la metà del potenziale produttivo nazionale ma quest’anno il prezzo delle olive si aggira sui 110 euro a quintale il doppio rispetto a quattro anni fa. Un prezzo congruo che ripaga chi ha deciso di resistere e di non dismettere gli impianti come, purtroppo, hanno fatto in tanti. Adesso, però, non possiamo abbassare la guardia ed è per queto che sollecito Ismea ad agire in fretta.
Perché?
Nel dl agricoltura c’è una norma contro le pratiche sleali ma Ismea deve definire al più presto le tabelle dei costi di produzione per area geografica. Prima si pubblica prima possiamo denunciare chi fa dumping.
Quali sono state e quali saranno le rese?
Chi ha iniziato la raccolta nelle scorse settimane dovrebbe avere una resa intorno al dieci, massimo dodici per cento. Percentuale che è stata mantenuta fino a pochi giorni fa. Da questa settimana si entra nel vivo della raccolta e le rese aumenteranno.
Perché queste scelte così diverse?
Io sono della scuola 2 novembre: mai iniziare prima. Chi ha fatto una scelta diversa lo ha fatto perché ha una produzione orientata ai mercati esteri, in particolare gli Stati Uniti, che richiedono un’altissima qualità e le basse rese sono la condizione per realizzarla.
Ma così non si penalizza il consumatore italiano?
In questi anni si sono moltiplicati gli sbocchi sui mercati esteri. Gli Stati Uniti restano il primo paese importatore ma anche l’Arabia Saudita si è avvicinata all’Italia aumentando gli acquisti anche se il conflitto a Gaza e le difficoltà a superare il canale di Suez aumentano i costi. Dobbiamo fare di tutto per restate competitivi su quei mercati.
Le rifaccio la domanda: in questo modo non si penalizza il consumatore italiano?
No, anche se quest’anno la disponibilità non sarà elevata vista anche l’assenza di giacenze. In ogni caso l’extravergine d’oliva made in Italy si troverà sempre.
Ma a quale prezzo per il consumatore finale?
Il prezzo corretto di un olio confezionato a scaffale è almeno di 9,50 euro al litro.
Secondo lei come hanno reagito e reagiranno i consumatori?
Dobbiamo fare i conti con una contrazione dei consumi causata dalla ridotta capacità di spesa delle famiglie. È necessaria un’azione di sostegno da parte delle istituzioni e una campagna di informazioni sugli effetti salutistici del consumo dell’olio extravergine d’oliva made in Italy. Una campagna che riesca a spiegare come spendere poco per acquistare un olio extravergine comporti rischi per la salute e una maggiore spesa per curarsi in futuro.
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