Le donne in agricoltura, convegno ai Georgofili il 19 novembre

FIRENZE – Si volgerà martedì 19 novembre 2024 alle ore 9.30, nella sede dell’Accademia dei Georgofili, il convegno: “Le donne nel settore agrario e zootecnico ieri e oggi. E domani?”. L’incontro è organizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Firenze e sarà fruibile anche da remoto (registrazioni QUI).

I relatori, moderati da Giuliana Parisi (DAGRI UNIFI – Accademia dei Georgofili), saranno: Davide Fiorino dell’Accademia dei Georgofili; Cecilia Manzi, ISTAT; Colomba Sermoneta, EUROSTAT; Paola Giordano, ISTAT; Lucia Bailoni, Università di Padova; Anna Sandrucci, Università di Milano; Paola Crepaldi, Università di Milano. (Scarica QUI il programma)

Il 7° Censimento generale dell’agricoltura italiana (Istat 2020), ha mostrato un settore in difficoltà: in 10 anni il numero di aziende agricole è diminuito del 30% e la superficie agricola utilizzata del 2,5%. In questo contesto la presenza del genere femminile, nel complesso, è leggermente diminuita, mentre si è lievemente rinforzata quella manageriale: 1 capo azienda su 3 è donna. Un dato che a livello toscano assume anche un significato più ampio, con particolare riferimento a una nicchia del comparto, gli agriturismi. Qui, la gestione femminile è la più performante della media nazionale, con l’84% delle imprese capitanate dalle donne, aziende innovative (35%) e informatizzate (doppio della % nazionale). Le donne occupano ruoli dirigenziali soprattutto al Centro e nel Sud Italia, sebbene abbiano una formazione meno specializzata: solo 5 su 100 possiedono un titolo di studio agrario (11% gli uomini).

Il crescente coinvolgimento delle donne ha investito anche il settore zootecnico italiano. Smart e dinamiche, esse danno prova di sapere camminare al passo con i tempi, utilizzando il web e i social network – il 35,8% delle donne intervistate nel Centro Italia ha un profilo aziendale, e un sito (il 57%) – per raccontare l’attività e promuovere i propri prodotti. L’interesse per la transizione digitale, fattore chiave per lo sviluppo aziendale, si accompagna poi ad un’altra maggiore sensibilità delle donne rispetto agli uomini, ossia quella per l’utilizzo di strumenti volti a migliorare il benessere animale e la qualità del prodotto.

Nonostante i passi in avanti, rimangono comunque alcuni comparti dove il lavoro femminile spesso non viene formalmente riconosciuto. E’ il caso della pesca e dell’acquacoltura: sui 20mila addetti la maggior parte sono maschi di oltre 50 anni e le donne imbarcate, per lo più mogli e figlie di pescatori impegnate nel segmento della piccola pesca costiera artigianale, rappresentano solo l’1% del totale. Sebbene il settore dell’acquacoltura sia molto importante per l’Italia – al 2020 conta 618 impianti attivi posizionandosi al 5° posto per la produzione a livello europeo – la percentuale di donne che vi lavorano è di appena ’8% su quasi 6000 addetti, e in Europa la percentuale si attesta al 22% del totale.

In conclusione, per quanto secondo gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite la parità di genere sia un diritto fondamentale, le disuguaglianze di genere restano a tutt’oggi evidenti, anche in ambito accademico. Secondo i dati dell’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali (ASPA, 2023), il divario si acuisce soprattutto fra i professori ordinari (solo il 23% di donne) e nei settori STEM (science, technology, engineering and mathematics), in specie sul fronte della carriera, e comporta una disparità maggiore nei ruoli istituzionali e nei finanziamenti ottenibili.

E’ una sfida urgente quella che si impone a società scientifiche e istituzioni, ossia superare barriere che affondano le loro radici in un passato ancora molto presente, come testimoniano registri e manoscritti a cavallo tra Settecento e Ottocento nell’interessante mostra virtuale dei Georgofili “Riconoscere il merito, superare i pregiudizi” (visitabile QUI), a proposito di figure femminili che, pur avendo dato un loro contributo alla scienza del tempo, furono relegate ai margini di una comunità che non permetteva alle donne l’accesso a corsi di studi superiori e difficilmente accettava il valore scientifico dei loro lavori.

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