ROMA – Luppolo e orzo da una filiera sostenibile per una birra aromatica, poco alcolica e completamente italiana.
Questi gli obiettivi principali del progetto LOB.IT “Luppolo, Orzo, Birra: biodiversità ITaliana da valorizzare”, coordinato dal CREA – con il suo Centro di Olivicoltura, Frutticoltura ed Agrumicoltura (CREA-OFA), in collaborazione con l’Università di Parma e finanziato dal MASAF, che punta a costruire una filiera nazionale di settore. I risultati del primo anno di attività progettuale sono stati presentati oggi a Roma, nel convegno “La centralità della ricerca per lo sviluppo di una filiera brassicola sostenibile e Made in Italy: l’esperienza del progetto LOB.IT”.
Il primo anno di attività
A fronte di una criticità nel fabbisogno di materia prima che si attesta per il malto d’orzo oltre il 60% e per il luppolo addirittura poco sotto il 100%, i ricercatori hanno lavorato per poter disporre di materiale di propagazione sano per la filiera. Sono stati sperimentati, inoltre, modelli di gestione virtuosi per una luppolicoltura che punta alla diversificazione e alla sostenibilità. Nel settore cerealicolo, invece, sono state studiate le varietà italiane di orzo distico da coltivazione convenzionale e biologica e gli aspetti legati all’attitudine maltaria di frumenti antichi e moderni. Infine, in linea con le tendenze internazionali, sono stati approfonditi sia l’utilizzo di lieviti spontanei nella produzione di birre sempre più legate al terroir sia l’impatto sul profilo aromatico dell’uso di lieviti innovativi nella produzione di birre a ridotto contenuto alcolico.
Sul fronte economico, oltre alle analisi statistico-economiche del settore, sono stati presentati per la prima volta i dati sulle caratteristiche economiche e strutturali delle aziende della filiera brassicola, dai quali si evince che, sebbene la coltivazione del luppolo rappresenti una frazione marginale della superficie aziendale complessiva, essa mostra un’elevata redditività: il margine lordo si attesta intorno ai 14 mila euro per ettaro, mentre il margine operativo netto, una volta sottratti i costi della manodopera, è di poco inferiore agli 8 mila euro ad ettaro. Situazione inversa per l’orzo distico da malto, per cui la redditività è modesta: il margine lordo è pari a circa 650 euro a ettaro e viene interamente assorbito dai costi della manodopera; la sostenibilità economica della filiera risulta garantita principalmente da un’elevata incidenza di manodopera familiare o dalla capacità di sfruttare economie di scala per ammortizzare i costi del lavoro.
Il progetto si articola in una serie di linee di ricerca monotematiche, ciascuna dedicata a una materia prima brassicola (luppolo, orzo e cereali da malto, lieviti), più due linee di ricerca trasversali dedicate alla comunicazione e al trasferimento tecnologico agli attori della filiera, all’analisi statistico-economica e all’ideazione e realizzazione di strumenti di policy a supporto della filiera della birra.
La filiera in costruzione mira ad offrire prodotti italiani di qualità, sostenibili, innovativi e a forte connotazione territoriale, inducendo al tempo stesso il consumatore al consumo responsabile di questa bevanda, sottolineandone anche gli aspetti nutrizionali e nutraceutici.
“Il progetto LOB.IT – spiega la coordinatrice Katya Carbone, primo ricercatore CREA-OFA – intende mettere a disposizione degli operatori strumenti innovativi ed efficaci, tanto per una gestione sostenibile e di qualità delle produzioni agricole, in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici, quanto per la realizzazione di birre originali e contemporanee, in grado di rispondere alle esigenze delle nuove generazioni di consumatori, sempre più orientate al rispetto dell’ambiente e al consumo moderato di alcool”.
Il settore della birra è importante per il comparto agroalimentare italiano, perché genera valore condiviso lungo tutta la filiera e produce un gettito fiscale che si attesta intorno ai 4 miliardi di euro. Ma soprattutto, la birra è un prodotto della terra. Quello brassicolo, infatti, è un settore in cui le materie prime svolgono un ruolo cruciale, sia nel determinare la qualità delle produzioni – specialmente quando ci si riferisce al settore agricolo/artigianale – sia nel definirne la sostenibilità, dato che più dell’80% della materia prima in ingresso diventa scarto di produzione.