FERMO – “Quella del girasole è una coltura caratterizzata da una rilevanza non indifferente in funzione delle rotazioni colturali e da una discreta attrattiva in termini di redditività, anche se l’andamento climatico avverso della scorsa annata e le oscillazioni in termini di quotazioni ne stanno frenando significativamente lo sviluppo, con il concreto rischio di andare addirittura a minarne la tenuta”.
Lo ha sottolineato il vicepresidente della Copagri Giovanni Bernardini intervenendo al convegno “Prospettive del girasole nell’era del digitale”, organizzato dal CREA Cerealicoltura e Colture Industriali.
“Parliamo di una coltura fondamentale, non solo per l’olio di semi, ma anche e soprattutto per la produzione di farine e di pannelli destinati alla zootecnia, anche se la materia prima nazionale soddisfa appena il 15% del fabbisogno, con una percentuale inferiore addirittura a mais e soia”, ha osservato Bernardini, ricordando che “ad oggi, la superficie coltivata a girasole in Italia ammonta a poco più di 110mila ettari, per una produzione che sfiora le 290mila tonnellate, di cui oltre il 30% concentrato nelle Marche”.
“Numeri che, a fronte di un fabbisogno nazionale decisamente più elevato, generano un evidente deficit produttivo che rende inevitabile il massiccio ricorso alle importazioni, con tutta una serie di ricadute in termini di prezzi, cui vanno ad aggiungersi le problematiche che la forte siccità e le ondate di calore hanno portato a tutte le principali coltivazioni del Paese”, ha proseguito il vicepresidente.
“Nonostante ciò – ha aggiunto – non si può guardare al 2024 come a un annus horribilis per il girasole, poiché pur a fronte di un calo su base annua del 10% di superfici e del 7,4% di produzione, la resa a ettaro è passata da 2,5 a 2,6 tonnellate, con un incremento ascrivibile agli effetti dell’innovazione e della ricerca”.
“In altre parole, sono proprio i dati a confermare l’importanza di guardare al mondo della ricerca per dare una scossa al comparto e andare a recuperare redditività, produttività e competitività con altre colture; per fare ciò, bisogna puntare con sempre maggiore decisione sull’agricoltura di precisione, conditio sine qua non per continuare a incrementare le rese, migliorare la qualità, razionalizzare l’utilizzo degli input e supportare la sostenibilità, e sui DSS, ovvero i sistemi di supporto alle decisioni, che rappresentano la naturale evoluzione dell’agricoltura di precisione”, ha concluso il vicepresidente, evidenziando l’importanza di “potenziare la rete infrastrutturale del Paese, con particolare riferimento a quella immateriale e delle aree interne e montane” e di “garantire redditività al settore, anche e soprattutto attraverso i contratti di filiera”.