RAVENNA — Le abbondanti precipitazioni degli ultimi mesi stanno mettendo in crisi, ancora una volta, l’agricoltura romagnola, già sottoposta al pesante condizionamento delle alluvioni del 2023 e 2024.
Problemi di asfissia nei terreni, impossibilità di accesso ai campi per le pratiche agronomiche e i trattamenti fitosanitari, necessità in alcuni casi di ricorrere ai droni per riuscire a effettuare la concimazione.
Le cooperative braccianti hanno già espiantato oltre 300 ettari di grano per marcescenza dei semi o asfissia delle radici. Stravolti per diverse colture la programmazione delle semine (cerealicole e foraggere in particolare) e i trapianti primaverili (per bietola, bietola da seme, cipolla, pomodoro, coriandolo e altre).
Se le condizioni meteo non miglioreranno rapidamente, nel 2025 molte superfici resteranno incolte. Queste alcune delle segnalazioni, relative a diverse centinaia di ettari, giunte agli uffici di Legacoop Romagna, in particolare dalla provincia di Ravenna e dalle campagne di Forlì-Cesena.
Gli uffici tecnici di Terremerse, Cac, Apofruit e delle Cooperative Agricole Braccianti sono già al lavoro per monitorare e intervenire dove possibile. In generale, c’è forte allerta per il clima umido, caldo e piovoso della stagione e per una situazione meteorologica che viene seguita con la massima attenzione.
La preoccupazione è notevole, perché le conseguenze del cambiamento climatico si stanno presentando nei campi con una velocità e una forza incredibili, mettendo a rischio anche i numerosi interventi che sono stati compiuti negli ultimi mesi per ripristinare la coltivabilità dei terreni.
“Il negazionismo del riscaldamento globale – dice il presidente di Legacoop Romagna, Paolo Lucchi – è ormai superato dai fatti, è una questione che non si può più nemmeno discutere. Occorre che le istituzioni, a ogni livello, si muovano concretamente, superando la logica dell’emergenza di corto respiro.
Serve rafforzare il sostegno alle aziende agricole per gli investimenti di ripristino e funzionalità dei terreni, nonché un fondo apposito per il cambiamento climatico, a livello nazionale ed europeo, in cui convogliare tutte le risorse e a cui attingere non solo per la ricostruzione, ma per realizzare opere di mitigazione e adattamento alle conseguenze del riscaldamento globale. Non si possono scaricare sui redditi degli agricoltori i costi della conversione ecologica”.