VENEZIA – Meno gradi alcolici. Meno calorie. Più resilienza. Si può sintetizzare così la svolta impressa dal Consorzio delle Venezie, la seconda denominazione più grande d’Italia.
“È fondamentale rispondere alle sfide poste dai nuovi modelli di consumo e dalla crescente attenzione verso la sostenibilità ambientale”, spiega il presidente Albino Armani.
Dal suo punto di vista “in un momento come questo, dove si registra un calo generale dei consumi e dobbiamo fare i conti con gli effetti dei cambiamenti climatici, stare fermi non ha senso”. Il mercato globale ha nuove esigenze ”e noi rispondiamo modificando il disciplinare di produzione con l’introduzione di una tipologia di Pinot Grigio DOC Delle Venezie a bassa gradazione alcolica e l’utilizzo di varietà resistenti”.
La scelta della “leggerezza” nasce in un contesto di crescita costante della Doc sui mercati – oltre il 90% oltre i confini nazionali – che ha permesso di chiudere il 2024 con un incremento del 3 dell’imbottigliato e dell’8% delle certificazioni. Una tendenza positiva proseguita anche nei primi due mesi del 2025 e che dovrebbe continuare nel corso dell’anno.
Mettersi in movimento, però, non significa correre dietro alle mode. Il Pinot Grigio continuerà ad andare sui mercati con la formula standard consolidata in questi anni ma la bottiglia classica sarà affiancata da una nuova linea che prevede di produrre un vino naturalmente a bassa gradazione. “Nel nuovo disciplinare del Consorzio si propone, infatti, di ridurre il grado alcolometrico minimo dagli attuali 11 a 9 gradi. Una riduzione che avverrà lavorando sul vigneto e senza utilizzare tecniche di dealcolizzazione”.
Un percorso innovativo che secondo Vincenzo Gerbi, professore ordinario presso l’Università di Torino e vicepresidente dell’Accademia Italiana Vite e Vino, “è il risultato di un attento lavoro enologico e agronomico che si discosta completamente dai vini cosiddetti dealcolati, ottenuti cioè da una sottrazione di alcol etilico. Si parte dal vigneto per ottenere un prodotto differente e naturalmente dotato di un minor contenuto alcolico”.
In queste settimane si stanno mettendo a punto le attività per la prossima vendemmia frutto di un lavoro con importanti centri di ricerca a livello nazionale e che prevede l’allevamento della vite, l’uso di nuovi cloni e la scelta di non usare l’arricchimento. Ancora Gerbi: “Si tratta di un approccio nuovo dove il contenuto alcolico non può essere più considerato, come nel passato, un elemento imprescindibile ai fini della conservazione del vino e come un requisito di qualità assoluto”. Dal suo punto di vista l’enologia di correzione, che ha caratterizzato lo scorso secolo, ha lasciato il posto a un’enologia di espressione, in grado di trasmettere al meglio i caratteri dell’uva, oltre che interpretare nuove tendenze e rispondere alle nuove richieste del mercato.
Quanto può valere il vino a bassa gradazione sul mondo Pinot Grigio doc delle Venezie? “Siamo all’inizio di un percorso – risponde Armani – ma io sono ottimista, soprattutto se penso al mercato americano e dunque se l’incidenza sarà tra il 3 e il 5 per cento si tratterà di un impatto importante”. E il valore aggiunto, rispetto al segmento dei consumatori che privilegia gli aspetti salutistici dell’alimentazione, potrebbe arrivare dal fatto che una minore gradazione permette anche di offrire un prodotto con meno calorie.
Il secondo pilastro della svolta del Consorzio – annunciata nei giorni scorsi a Milano durante la presentazione dei risultati del 2024 – è legato alla sostenibilità e punta all’utilizzo di varietà resistenti. Si tratta di una richiesta che potrebbe avere effetti significativi sul mondo delle denominazioni e delle indicazioni geografiche protette perché l’uso dei vitigni resistenti in Italia, a differenza di quanto avviene in Francia, è vietato. Il loro utilizzo, infatti, è autorizzato solo per produrre vini da tavola o varietali. L’uso di vitigni in grado di resistere alle malattie, e anche alle variazioni climatiche, è previsto per Chardonnay, Friulano, Pinot Bianco.
Sono già state costruite varietà resistenti ai funghi e si possono utilizzare fino al 15%. Nel nuovo disciplinare, che il Consorzio punta a farsi approvare dal comitato nazionale vini del ministero dell’Agricoltura, c’è la richiesta di poterle utilizzare, fino ad una soglia massima del 10 per cento, all’interno della quota consentita di cultivar diverse dal Pinot Grigio.
“E’ una scelta giusta – conclude Armani – anche per rispetto delle popolazioni che vivono nelle vicinanze dei vigneti perché riduce i trattamenti difensivi con i prodotti chimici”.