Olio extravergine d’oliva: produttori del Piemonte vogliono riconoscimento Igp. Nel 2024 prodotti 500 quintali in 400 ettari ad oliveto

TORINO – L’olio extravergine d’oliva del Piemonte vuole il riconoscimento dell’Igp.

Un percorso sicuramente lungo ma, secondo Marco Giachino, presidente del Consorzio di tutela (nella foto), gli olivicoltori subalpini hanno le “carte in regola per ottenerlo”.

Il dossier è stato costruito nel corso degli anni e, negli ultimi mesi, si è arricchito grazie ai risultati di una ricerca finanziata dalla Regione sulla biodiversità: “L’analisi del Dna – spiega Giachino – ha permesso di rintracciare nove diverse varietà e almeno due sono uniche, dunque si tratta di ceppi piemontesi. La ricerca ha permesso anche di mappare oltre quaranta piante secolari da cui abbiamo estratto l’olio e, attraverso il Dna abbiamo scoperto un profilo organolettico comune, davvero un passo importante verso la certificazione”. Ma quali sono le caratteristiche tipiche dell’olio piemontese? “Il fruttato leggero-medio, l’ottimo equilibrio amaro-piccante e sentori freschi”.

Olivo coltivato nel Medioevo, poi abbandonato

L’olivo ha ritrovato casa in Piemonte dalla fine degli Anni 90 recuperando una coltivazione diffusa fin dall’alto Medioevo ma abbandonata nel Settecento dopo una “mini-glaciazione”. I protagonisti di questa riscoperta sono stati soggetti privati che hanno recuperato terreni incolti, per abbellimento o per piccole produzioni familiari. Ma ci sono state anche “aziende che hanno deciso una riconversione totale o parziale di altre colture non più produttive come un tempo. Una scelta – spiega il presidente del Consorzio – fatta anche da chi già aveva dei vigneti, per redditi agricoli e anche per giocarsi la carta dell’ospitalità”.
Negli ultimi anni, poi, i cambiamenti climatici hanno dato una spinta alla diversificazione produttiva incentivando la diffusione di questa coltura. Ad oggi l’oliveto Piemonte si estende su quattrocento ettari coltivati, con 200 mila olivi, cinquecento quintali di produzione l’anno.

In controtendenza con quanto è avvenuto nelle regioni storicamente vocate alla produzione, l’ultima raccolta ha segnato un più venti per cento nella produzione di olive e +15% di olio anche se le rese sono diminuite a causa delle piogge. Per l’annata 2024, comunque, “una produzione di ottima qualità”.

A proposito di qualità. Da fine gennaio il ministero dell’Agricoltura ha concesso al dipartimento di scienze agrarie dell’università di Torino il riconoscimento di comitato di assaggio professionale per la valutazione delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini ed extravergini Igp e Dop. “Il Comitato inserito nella lista nazionale dei comitati di assaggio professionali riconosciuti potrà quindi supportarci nella determinazione della qualità e genuinità del nostro prodotto”.

Nel frattempo, il Consorzio di tutela e il dipartimento di Scienze Agrarie, in collaborazione con il Laboratorio chimico della Camera di Commercio di Torino, hanno promosso una scuola di olivicoltura con corsi di formazione degli assaggiatori e sulla corretta etichettatura. Il Consorzio, operativo dal 2007 e che associa una dozzina di aziende, sta costruendo una rete di collaborazioni fortemente radicate nei territori di produzione, dalla collina del torinese al Monferrato, dall’area di Saluzzo e quella di Pinerolo. Secondo Giachino l’olivo “ha dimostrato di essere un ottimo volano per lo sviluppo turistico ed economico delle aree interessate”.

Ai produttori piemontesi, ad esempio, piace la proposta di inserire nei menù dei ristoranti una carta degli Evo. Si spiega anche così la scelta del Consorzio di presentare le sue attività e di assaggiare i prodotti nella più antica locanda nel cuore di Torino, il San Giors. E intanto arrivano i primi riconoscimenti nazionali: Olivola, nel Monferrato alessandrino, è diventa la prima città dell’Olio in Piemonte. E il Consorzio attende una risposta dalla Regione alla richiesta di riconoscere l’Evo subalpino come Pat, prodotto agroalimentare tradizionale.

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