Mattarella: ‘Europa ha bisogno di aggiornarsi, verificare quanto non va, migliorare e correggere’

ROMA – “L’Europa ha bisogno di aggiornarsi, di verificare quanto non va, migliorare e correggere”.

Lo ha ricordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, oggi in apertura di Agricoltura E’, ripercorrendo la storia dell’Europa a giovani presenti all’inaugurazione della kermese dedicata all’agricoltura, in corso fino al 26 marzo a Roma.

Domanda: Buongiorno, signor Presidente. Ricorre domani il sessantasettesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma. Finita la Seconda guerra mondiale, era da poco cominciata in Europa una nuova storia di libertà, di democrazia, di coesistenza pacifica. Grandi ideali e grandi speranze ispirarono le scelte di allora. Lei ritiene che le generazioni successive siano stati all’altezza di questi impegni? Cosa è stato realizzato e cosa è stato invece tradito? Serve ancora l’Europa per affrontarle e confermare i nostri valori?

Domani – ha detto Mattarella – ricorrerà questo anniversario, e sarà il modo per riflettere che quello è stato un punto di partenza, storicamente di grande rilievo, ma anche un punto di arrivo. Lo abbiamo un po’ visto, poc’anzi, nel filmato.

Forse è bene, ragazzi, riflettere sul contesto in cui si muoveva questo avvio dell’integrazione europea. Nel 1945, l’Europa usciva da una guerra devastante, che si inseriva nel solco di secoli di guerre sanguinose fra le nazioni europee. Un numero immane di ragazzi vostri coetanei ha perso la vita sui fronti della Prima e Seconda guerra mondiale. Vi erano state brutali dittature. Si era vissuto l’abisso dell’Olocausto. In quel clima di tragedia, di condizioni drammatiche, di fame che incombeva sull’Europa, di disperazione quasi, alcuni statisti lungimiranti e coraggiosi hanno compreso che occorreva capovolgere il modo di rapporto tra i Paesi europei.

Hanno pensato che fosse il momento di compiere davvero una rivoluzione di pensiero. Anziché contrapporsi, mettere insieme, in comune, il futuro dei popoli europei.

Questo è stato, tra il ‘45 e il ‘49–‘50, il tentativo che è stato compiuto da statisti – ripeto – coraggiosi e lungimiranti, da movimenti di pensiero, di proposte che li hanno accompagnati. Ed è questo che ha provocato l’avvio di questo fenomeno.

Quindi per questo è anche un punto di arrivo il Trattato di Roma del ’57. Infatti il primo passo fu, come abbiamo visto nel filmato, nel ‘51, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, perché nel ‘50 Robert Schuman, Ministro degli esteri francese, propose al suo Paese, all’Italia, alla Germania, al Belgio, all’Olanda, al Lussemburgo, di mettere insieme carbone e acciaio.

Oggi sembrano cose marginali, ma allora il carbone era la principale fonte di energia. E l’acciaio era l’elemento base per gli armamenti più pesanti.

È come se oggi si dicesse: ‘mettiamo insieme petrolio, gas e armi nucleari’. Proposta davvero rivoluzionaria rispetto al pregresso dell’Europa. E fu accolta. E in pochi mesi si stipulò, nel ‘51, appunto, il Trattato della Comunità europea del carbone e dell’acciaio.

Vi fu una seconda tappa a cui ci si mise subito al lavoro.  Appena fatta quell’organizzazione, ci si mise al lavoro per una comunità di difesa dell’Europa. Con un trattato che metteva insieme i sei Paesi per la difesa comune dell’Europa. I Governi firmarono quel trattato, ma alla fine il Parlamento francese non lo accolse e quel tentativo sfumò.

Ne paghiamo ancora le conseguenze.

Sembrava che il fenomeno dell’integrazione europea fosse impantanato, esaurito, sfumasse, si limitasse al carbone e all’acciaio. Invece, come abbiamo visto, subito dopo, nel ‘55, un anno dopo quella bocciatura, nel ‘55 a Messina, una Conferenza dei sei Paesi ha rilanciato il processo di integrazione. E siamo arrivati al Trattato di Roma del ’57. Partendo da un altro punto di comunanza di interessi: il mercato, i commerci. E qui è nato il Mercato Comune europeo.

Nel corso del tempo il Mercato comune – questa unificazione dei mercati di commercio – si è ampliato ad altre collaborazioni in Europa. E si è arrivati allora, mettendo insieme le economie dei sei Paesi, alla Comunità Economica Europea.

Si è proceduto ancora. Integrando altri settori, altre attività, altri ambiti, si è arrivati a quella che oggi è l’Unione europea, che nel frattempo si era ampliata, allargata. I sei Paesi originari sono adesso ventisette, come sapete. Altri sette-otto hanno chiesto di farne parte. Entreranno, appena raggiunti gli standard per entrare nell’Unione. Alcuni di questi sono già pronti per l’ingresso.

Questo è stato un grande fenomeno storico, cui si è aggiunta poi la moneta comune: l’Euro.

Senza quello strumento i risparmi dei cittadini europei sarebbero stati travolti dalle crisi finanziarie drammatiche dell’inizio di questo millennio. Terremoti finanziari che hanno travolto condizioni finanziarie in tutto il mondo. Ma l’Europa ha resistito per la moneta comune, che è stata un riparo.

È quindi un processo che ha raggiunto traguardi che non erano immaginabili al momento della firma.

Lo sviluppo e il benessere conseguiti dai Paesi europei era impensabile nel ‘57. Così come una quantità di risultati di sicurezza sociale, di previdenza, di scuola e sanità aperti a tutti.

Tutti ambiti in cui l’integrazione ha agevolato il percorso dei Paesi membri. E che vanno costantemente monitorati perché, nel mutare delle condizioni, rimangano sempre efficienti e completi.

Quindi c’è stato un grande progredire dell’integrazione. Non ci si è limitati a quel primo passo. Altri ne hanno fatto seguito, e faranno seguito.

Anche per questo, per questo grande successo storico, questo modello europeo viene imitato in altri continenti.

In America Latina, nel Sud America, alcuni Paesi – cui altri si sono aggiunti da qualche anno – hanno iniziato con lo stesso approccio con cui l’Europa ha cominciato: mettere insieme i mercati. È il Mercosur, in America meridionale.

In Asia, l’ASEAN raccoglie alcuni Paesi, tra cui l’Indonesia, le Filippine, Singapore, Vietnam, che hanno un’apertura di mercati fra di loro, ispirandosi a quell’esperienza europea.

Anche in Africa vi sono iniziative simili. Naturalmente ben diverse come contenuto, come modalità, come è ovvio, per ciascun continente. Non soltanto con l’Unione africana, ma con il mettersi in comune, con aperture di mercato in grandi Regioni, da parte dei Paesi che ne fanno parte. Per esempio tra i Paesi del Golfo di Guinea.

Questa imitazione, questo modello imitato nel mondo, dimostra quanto sia stata straordinariamente di successo questa esperienza.

Naturalmente, ragazzi, non è perfetta. Contiene errori, contraddizioni, lacune da colmare. Per esempio, ha bisogno di processi decisionali più veloci.

I problemi di oggi sono prevalentemente globali, ormai. Pensiamo al clima; pensiamo ai fenomeni migratori che sono presenti in tutti i continenti; pensiamo alla salute, dopo l’esperienza della pandemia; pensiamo all’economia, ormai mondializzata, e in cui vi sono soggetti che operano al di sopra delle dimensioni e dei confini degli Stati. Tutto questo richiede risposte veloci, tempestive, perché i fenomeni sono veloci.

E l’Europa ha bisogno di aggiornarsi, di verificare quanto non va e quanto va invece corretto e migliorato.

Io credo che questo fenomeno dell’integrazione, talmente rilevante, sia compreso bene dai giovani.

Vi sono due aspetti, due fenomeni, che i giovani vivono come se fossero normali, assolutamente consueti, e non lo erano un tempo, tutt’altro: Erasmus e Schengen. Erasmus che consente, per gli studi superiori scolastici e per le università, di fare periodi di studio in altri Paesi dell’Unione, scambiando esperienze, acquisendo esperienze nuove. Schengen consente di viaggiare dal Portogallo alla Romania, dalla Grecia alla Svezia.

Tutto questo sembra normale oggi, ma è stato frutto di questo straordinario processo che è partito nel ’57. Per questo è stato un successo e abbiamo bisogno dell’Europa. Grazie.


Foto: fonte Quirinale


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