VERONA – Il vino italiano si trova oggi a un bivio cruciale. In occasione dell’evento organizzato da Federvini nel corso della 57esima edizione di Vinitaly, esperti, imprenditori e rappresentanti istituzionali hanno discusso le nuove sfide che il comparto vitivinicolo è chiamato ad affrontare: dalla minaccia dei dazi USA alla trasformazione radicale dei consumi tra i giovani.
“Il clima di escalation non aiuta le relazioni diplomatiche e allontana qualunque possibilità di negoziazione. I dazi del 20% sui vini italiani rischiano di estrometterci dagli scaffali americani a vantaggio di altri competitor. Allo stesso tempo, anche la platea dei consumatori sta cambiando e con loro i criteri di scelta dei prodotti. Dobbiamo essere in grado di intercettare ed agganciare i gusti in evoluzione per poter garantire un’offerta in linea con le nuove tendenze – ha dichiarato la Presidente di Federvini Micaela Pallini -. “Oggi serve una visione strategica: il tempo delle reazioni isolate è finito. Serve una regia, una visione di ampio respiro. Difendere il vino oggi significa salvaguardare una delle colonne portanti della nostra economia e dell’immagine dell’Italia nel mondo” – ha continuato Pallini -.
L’evento promosso da Federvini, intitolato “Tra dazi e rivoluzione dei consumi: il vino a una svolta storica?”, ha visto la partecipazione insieme alla Presidente Pallini del Sen. Luca De Carlo, Presidente della Commissione permanente Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare del Senato, di Albiera Antinori, Presidente del Gruppo Vini di Federvini, di Bruna Boroni, Director Industry Away From Home di Tradelab, di Stevie Kim, Managing Partner di Vinitaly, di Alberto Mattiacci, Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università La Sapienza di Roma e di Denis Pantini, Responsabile Agrifood & Wine Monitor di Nomisma.
Osservatorio Federvini
Il peso dei dazi sull’export di vino italiano
Secondo i dati elaborati dal Nomisma Wine Monitor per Federvini, l’export di vino italiano verso gli Stati Uniti vale quasi 2 miliardi di euro l’anno, con una netta prevalenza di vini DOP. Il mercato statunitense rappresenta da solo il 24% dell’export mondiale del vino italiano. L’introduzione di dazi fino al 20% metterebbe a rischio l’equilibrio competitivo del Made in Italy, con un aumento dei prezzi medi all’importazione dei vini DOP che potrebbe variare di +0,90 euro/litro per il Prosecco e fino a +2,60 euro/litro per i vini rossi piemontesi e +2,40 euro/litro per i rossi toscani. Tenendo conto che dalla dogana allo scaffale il prezzo del vino aumenta mediamente di 4 volte (alla luce del sistema distributivo statunitense, che per legge stabilisce tre passaggi intermedi – importatore, distributore, dettagliante – prima di arrivare al consumatore) e in un contesto di mercato dove paesi come Cile, Australia e Argentina ma soprattutto i produttori californiani offrono vini a prezzi più bassi, il rischio di disintermediazione del vino italiano dai canali distributivi americani è concreto.
Inoltre, la crescente preferenza per i vini dealcolati e low alcol sta modificando i trend di consumo. In particolare, le vendite dei dealcolati in Germania e Stati Uniti sono aumentate significativamente, con un incremento in valore nell’ultimo triennio rispettivamente del 23% e del 54%. Un’evidenza che va letta nel quadro di una generale riduzione di chi ha consumato vino in casa e fuori casa nella fascia d’età tra i 23 e i 35 anni negli ultimi 12 mesi rispetto a tre anni fa (-32% negli USA, -37% nel Regno Unito, -39% in Germania e -24% in Francia). Le dichiarazioni di consumo raccolte da Nomisma per i prossimi 12 mesi mettono in luce un numero crescente di consumatori giovani (23-35 anni) che preferirà vini low/no alcol rispetto a quelli tradizionali: il 34% negli Stati Uniti, il 25% nel Regno Unito, il 26% in Germania e il 20% in Francia.
Quanto ai fattori decisivi per l’acquisto di vino nell’ultimo anno, emerge come il driver legato alle caratteristiche green sia stato importante per il 41% dei consumatori tra i 23 e 35 anni britannici, il 35% degli statunitensi, il 32% dei tedeschi, il 38% dei francesi e il 34% degli spagnoli. In Spagna invece il prezzo (per il 50% degli intervistati) diventa più rilevante nella scelta di acquisto di un vino, così come in Francia (40%), mentre negli USA e in Germania il brand figurano in testa ai criteri, rispettivamente per il 37% e il 35% dei consumatori. Interessante notare comunque che in tutti i mercati, per i consumatori più giovani la sostenibilità di un vino supera l’interesse per il biologico.
Giovani, cambiano gusti e abitudini di consumo
Il tema non è solo di natura commerciale. I dati evidenziati dalle indagini condotte da TradeLab per la Federazione mostrano una profonda trasformazione nel rapporto tra i giovani e il vino. In Italia i consumatori dai 23 ai 34 anni rappresentano oggi il 20% del mercato a valore e il 19% delle visite complessive del fuori casa. Questa fascia d’età genera oggi il 18% del consumo di bevande alcoliche – preferendo cocktail e spiriti lisci (24%) rispetto a vino (13%) e bollicine (16%) – e quasi il 30% delle consumazioni analcoliche. Tuttavia, nelle occasioni serali, si intravedono significative opportunità di crescita per il consumo di vino e bollicine, specialmente durante cene e aperitivi. Quando si tratta di scegliere il vino, i giovani tendono a farlo autonomamente (95%), con un’attenzione particolare al prezzo e alla sostenibilità, fattori che influenzano maggiormente la loro decisione rispetto ad altri criteri come l’abbinamento con il cibo o l’origine del vino. Inoltre, cresce l’interesse per i vini a basso contenuto alcolico o senza alcol, segnalando una tendenza verso una bevanda più leggera e accessibile, con il 43% degli italiani che si dichiarano intenzionati a consumarli, mentre quasi il 70% è già a conoscenza di prodotti dealcolati o a bassa gradazione.
“Il vino è cultura, ma il nostro comparto oggi affronta due grandi sfide: da un lato il rischio di perdere quote di mercato all’estero, dall’altro la difficoltà di comunicare in modo efficace con le nuove generazioni. Sono due fronti che non possiamo ignorare. Dobbiamo saper innovare il linguaggio, usare i canali giusti e coinvolgere i giovani in un racconto autentico che sappia emozionare e far capire davvero cosa c’è dietro ad una bottiglia di vino: le origini, le peculiarità di ogni territorio, l’artigianalità dei processi, l’impronta dell’uomo nella ricerca dello stile e della qualità, e l’unicità irripetibile di ogni annata. Solo così potremo costruire un futuro solido e competitivo per il nostro comparto” ha commentato Albiera Antinori, Presidente del Gruppo Vini di Federvini.
Il vino domani: servono strumenti concreti e una strategia nazionale
Per affrontare la transizione e mantenere la competitività sui mercati internazionali, Federvini propone azioni concrete e mirate. È cruciale un’azione diplomatica unitaria a livello europeo per fermare i dazi USA, che minacciano i vini a denominazione, simbolo dell’identità enologica italiana.
È necessario adottare misure fiscali immediate, come incentivi per le aziende che investono in innovazione, sostenibilità, digitalizzazione e internazionalizzazione. Inoltre, è fondamentale lanciare una nuova stagione di promozione istituzionale all’estero, per presentare il vino italiano come emblema di qualità, stile di vita mediterraneo e consapevolezza. Per coinvolgere le nuove generazioni, è fondamentale offrire esperienze di consumo innovative e inclusive, supportate da percorsi educativi e culturali stimolanti e significativi.
“Oggi è assolutamente indispensabile adottare risposte concrete e azioni tempestive che possano supportare l’intero settore in una fase cruciale per il suo futuro. È fondamentale tutelare le imprese creando un ambiente favorevole all’innovazione, alla sostenibilità e alla competitività internazionale”, ha concluso la Presidente Micaela Pallini.