Importazione fertilizzanti. Serpillo (UCI): Europa non sia dipendente dalla Russia; sì all’uso del digestato

ROMA – “La dipendenza dell’Unione Europea dai fertilizzanti chimici di origine russa è un inammissibile paradosso, reso ancor più tale in un contesto geopolitico delicato e in piena transizione ecologica”.

Così Mario Serpillo, Presidente dell’Unione Coltivatori Italiani (UCI), interviene su un tema che sta diventando sempre più centrale per la sovranità alimentare e la sostenibilità agricola del nostro Paese e dell’Europa.

Nonostante le sanzioni in vigore, l’UE continua a importare annualmente fertilizzanti dalla Russia e dalla Bielorussia per un valore stimato in 1,7 miliardi di euro, con triangolazioni commerciali che coinvolgono paesi terzi come Nigeria e Algeria. L’Italia rappresenta una quota inferiore al 10%, ma resta comunque esposta alla volatilità dei mercati internazionali e alle decisioni strategiche di potenze energetiche esterne.

“Siamo in una situazione in cui il fabbisogno di azoto per le colture viene colmato con prodotti ad alto impatto ambientale e sociale, prodotti all’estero sfruttando gas a basso costo. È evidente che questa non può essere la direzione di un’agricoltura che vuole essere indipendente, moderna e sostenibile”, prosegue Serpillo.

Eppure, l’alternativa esiste: è sotto i nostri piedi, letteralmente. Si chiama digestato ed è il sottoprodotto derivante dalla digestione anaerobica negli impianti di biogas e biometano. L’Italia produce ogni anno circa 48 milioni di tonnellate di questo materiale, già oggi utilizzato gratuitamente da molte aziende agricole limitrofe agli impianti. Il digestato contiene elevate quantità di nutrienti, tra cui azoto in forma utile per le piante, ed è una risorsa organica in grado di nutrire i terreni senza le controindicazioni ambientali dei fertilizzanti chimici. Ma nonostante il suo potenziale, il digestato è oggi penalizzato dalle stesse limitazioni previste dalla Direttiva Nitrati 91/676/CEE per i reflui zootecnici, con un limite di 170 kg di azoto per ettaro all’anno nelle zone vulnerabili. Una soglia che, secondo Serpillo, andrebbe urgentemente ripensata.

“Queste regole nascono per proteggere le falde dagli eccessi di azoto, ma non tengono conto del comportamento reale del digestato nel suolo né delle tecnologie moderne che permettono di utilizzarlo in modo mirato, efficiente e sicuro. Non è accettabile che l’Europa ponga limiti rigidi a un fertilizzante organico e rinnovabile, e intanto tolleri l’ingresso di concimi chimici importati da regimi autoritari. Serve una revisione normativa che favorisca l’uso delle risorse locali, non che lo ostacoli”.

E conclude: “La transizione ecologica non può prescindere dalla sovranità agricola. L’Italia ha tutte le carte in regola per diventare un modello virtuoso, ma servono scelte legislative coraggiose e coerenti. È il momento di liberare il potenziale delle nostre filiere e dei nostri territori. Non possiamo più restare ostaggio di un mercato che, oggi, gioca contro la nostra agricoltura e contro l’ambiente”.

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