ROMA – Il coinvolgimento dei giovani nel settore agricolo è un obiettivo della politica agricola comune europea e una sfida importante per l’Italia.
Mentre il tasso di disoccupazione giovanile raggiunge livelli molto elevati, ampie parti del territorio sono interessate dallo spopolamento, dall’invecchiamento della popolazione e dalla contrazione dell’attività agricola, creando squilibri sociali ed economici e l’abbandono dei terreni, con gravi conseguenze anche ambientali.
Secondo i dati contenuti nell’ultimi rapporto Ismea-RRN “Giovani e agricoltura” nelle aree rurali il numero dei giovani si è ridotto del 44% negli ultimi 10 anni, ponendo a rischio la tenuta demografica e socioeconomica di interi territori. Anche il ruolo del capo azienda “giovane” (fino a 40 anni) in agricoltura, come rivelano i dati dell’ultimo censimento dell’Istat, non pare decollare: la percentuale di aziende agricole con a capo un giovane è scesa dall’11,5% del 2010 al 9,3% del 2020. Si tratta di una tendenza coerente con quanto si sta verificando negli altri settori economici, che dipende anche dalla maggiore attrattività di altre forme di impiego e dalla fuga verso l’estero.
Allo stesso tempo, tuttavia, si stanno delineando le caratteristiche di una nuova generazione di imprenditori agricoli, che sfruttando le nuove tecnologie e cogliendo le ultime tendenze dei consumi, rappresentano una spinta per rinnovare il settore agricolo e farlo uscire da una visione ormai obsoleta, ma ancora diffusa, che lo relega a qualcosa di antiquato e poco redditizio.
Emerge infatti dall’ultima rilevazione censuaria come ci sia una forte correlazione tra le nuove generazioni e una maggiore competitività, capacità di innovare, di fare rete, di diversificare le fonti di reddito e produrre valore nel territorio. Mediamente i giovani sono più formati, le aziende da loro condotte sono più grandi, più orientate al mercato, il loro livello di digitalizzazione è il doppio dell’agricoltura nel complesso, così come più elevata risulta la propensione all’innovazione. I giovani sono poi in prima linea anche nel modello di agricoltura multifunzionale, che sta cambiando la percezione del settore primario italiano, spesso con importanti ricadute sull’ambiente e sulla collettività, come nel caso della produzione di energie rinnovabili o l’agricoltura sociale.
Dato il fondamentale ruolo dei giovani per la sostenibilità e la competitività di lungo periodo del settore e per la vitalità delle aree rurali, il ricambio generazionale nel settore primario è riconosciuto come priorità nell’agenda politica dell’Italia e dell’UE.
Nell’attuale PAC 2023-27 ai giovani viene dedicato un obiettivo specifico, – il settimo -, che consiste nell’attirare e sostenere i giovani agricoltori e i nuovi agricoltori e facilitare lo sviluppo imprenditoriale sostenibile nelle zone rurali. Il principale strumento dedicato al ricambio generazionale in agricoltura del Piano strategico della PAC italiano (PSP) è l’intervento di primo insediamento, già previsto nei Programmi di sviluppo rurale regionali (PSR), comparso per la prima volta nel 2000, venendo successivamente riconfermato nel 2007, nel 2014 e ancora una volta nel 2023. Oltre al primo insediamento, la strategia contenuta nel PSP prevede il sostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori, una delle voci dei pagamenti diretti (primo pilastro), che consiste in un’integrazione al reddito nella fase di avviamento. Per sostenere la liquidità aziendale, oltre al premio base per la sostenibilità, garantito ai giovani neo-insediati in via prioritaria, si aggiungerà questo pagamento complementare annuale, giustificato dall’esigenza di contrastare l’instabilità del reddito agricolo e il gap rispetto a quello conseguibile in altri settori, che costituisce un deterrente per il ricambio generazionale.
In questo contesto lo strumento di accesso al capitale fondiario gestito da ISMEA risulta complementare alle opportunità offerte dalla politica di sviluppo rurale, che non finanziano specificatamente l’acquisto di terreni. Il difficile accesso alla terra si conferma tra i principali deterrenti al turn over in campagna. Per un giovane aspirante imprenditore agricolo che non opera in continuità familiare, il capitale fondiario è spesso un investimento molto oneroso rappresentando la principale barriera di accesso per questo tipo di professione.
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